Sentenza pro-OGM della Corte europea ma il divieto in Italia permane

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La burocrazia e la giustizia dell’UE hanno tempi fuori dal tempo. Il 13 settembre 2017 la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza sul Regolamento europeo del 2003 che regolamenta l’autorizzazione e la commercializzazione degli organismi geneticamente modificati e che, esplicitamente, consente ai Paesi membri di adottare misure emergenziali qualora siano presenti ed attuali gravi rischi per la salute umana e animale o, in generale, per l’ambiente. Tale Regolamento ha permesso a molti Paesi dell’UE, tra cui l’Italia, di vietare la coltivazione di mais OGM.

La sentenza del 14 settembre precisa invece che ‘gli stati membri non possono adottare misure di emergenza concernenti alimenti e mangimi geneticamente modificati senza che sia evidente l’esistenza di un grave rischio per la salute o per l’ambiente’. La sentenza tuttavia non è applicabile perché, mentre i giudici approfondivano la questione, la stessa UE ha emesso una direttiva, approvata già nel 2015, che consente ai Paesi membri di vietare la semina di OGM anche se autorizzati a livello UE. L’Italia è tra i 17 Stati membri che hanno scelto questa possibilità.

Nel 2013 il Governo italiano, facendo riferimento all’articolo 34 del Regolamento del 2003, aveva vietato la commercializzazione sul territorio nazionale del mais Mon810, ma non avrebbe esibito – secondo la Corte – ‘chiare prove di un evidente rischio per la salute’. La documentazione scientifica prodotta consisteva in due studi, uno del CRA e uno dell’ISPRA, che sollevavano dubbi sulla salubrità del mais transgenico. Sulla base di questi due studi e facendo appello al principio di precauzione sancito dall’articolo 7 del Regolamento Ce 178/2001 che consente di adottare misure di prevenzione se vi sia la possibilità di danni alla salute, anche se, dal punto di vista scientifico, vi sia incertezza, il Governo aveva avallato il divieto. La Corte europea ha rigettato questa interpretazione spiegando che il Regolamento 178/2001 è una norma generale in materia di sicurezza alimentare, di cui il Regolamento 1829/2003, quale norma speciale, sarebbe espressione. Secondo la Corte, l’articolo 34 del Regolamento del 2003 non consente di limitare la circolazione e la commercializzazione di merci che sono state preventivamente autorizzate dalla Commissione europea. E questo perché il richiamato principio di precauzione ha già spiegato i suoi effetti durante l’iter autorizzativo previsto dallo stesso Regolamento.

All’indomani della sentenza che gli dà ragione – e che bacchetta l’Italia, anche se le regole UE ormai sono cambiate – l’agricoltore friulano Giorgio Fidenato, che aveva più volte tentato di seminare, a partire dal 2014, mais transgenico nei suoi campi, è rinfrancato. ‘E’ vero – dice -, questa sentenza lascia la situazione vigente invariata. A cambiare sono soltanto le mie vicende processuali, che a questo punto imboccheranno la strada del proscioglimento. La normativa europea successiva al mio ricorso permette all’Italia di vietare i campi Ogm. Ma il clima è cambiato e si è aperto uno spiraglio. E in ogni caso il verdetto mi autorizza a chiedere all’Italia un grosso risarcimento’. 

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