Quanto costa agli italiani lo spreco alimentare domestico? Secondo il Rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo gettiamo nella spazzatura 8,1 miliardi di euro all’anno – ovvero 6,5 euro settimanali a famiglia per 630 grammi circa di cibo sprecato – e la tendenza è verso una lieve riduzione dello spreco di cibo.
Erano infatti 8,7 miliardi secondo il monitoraggio pilota di Waste Watcher dell’ottobre 2013. Alla presentazione del Rapporto 2014 sullo Spreco Domestico, illustrato dal presidente di Last Minute Market Andrea Segrè e dal presidente di Swg Maurizio Pessato, è intervenuto il 7 luglio a Milano il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. Si tratta della prima rilevazione dell’Osservatorio Waste Watcher – Knowledge for Expo, dedicato ai temi dell’alimentazione, dell’agricoltura, dell’ambiente e della sostenibilità, attivato da Last Minute Market con Swg per svolgere studi e ricerche sui temi caratterizzanti l’Esposizione Universale, e al tempo stesso per favorire attraverso l’evento che si terrà l’anno prossimo l’elaborazione di smart policies sulle questioni centrali del nostro tempo legate al cibo.
Non sprecare sembra essere il nuovo comandamento degli italiani: il 63% degli intervistati desidera un’Italia vigile contro gli sprechi, prima ancora di un’Italia equa (39%), solidale (22%), tollerante (12%), sicura (42%), e in generale rispettosa dell’ambiente (47%). Ma c’è di più: l’81% degli italiani controlla se il cibo scaduto è ancora buono prima di gettarlo (era il 63% solo pochi mesi fa, nel gennaio 2014) e il 76% porta o vorrebbe portare a casa il cibo avanzato al ristorante: il 30% degli intervistati lo fa con una certa frequenza, il 46% vorrebbe farlo ma non trova i contenitori al ristorante ed è troppo timido per chiederli. Il cibo, secondo gli italiani (60%), è il comparto su cui maggiormente si concentra la piaga dello spreco: più che per l’acqua (37%) o l’energia elettrica (20%).
Coerentemente, in un’ottica di riduzione dello spreco ma anche di svolta culturale sulle tematiche ambientali connesse, gli italiani chiedono provvedimenti. In particolare auspicano (8,3 in scala da 1 a 10) una vera e propria campagna di educazione alimentare nelle scuole, oltre ad informazioni diffuse sul tema spreco (le considera utili il 94% degli italiani), a partire dai danni che lo spreco di cibo provoca anche rispetto all’ambiente.
Le etichette giocano un ruolo chiave: gli intervistati sollecitano un sistema chiaro per le modalità di consumo. Il 90% afferma di leggerle sistematicamente per verificare la scadenza dei prodotti e l’83% dichiara di conoscere la differenza tra “data di scadenza” (within) e “preferenza di consumo” (best before). Ma solo il 67% di chi ritiene di saperlo (54% del totale del campione) ha dimostrato di conoscere realmente il significato.
Anche la tecnologia entra in campo come guida di riferimento per contenere lo spreco: fra le innovazioni auspicate dagli intervistati primeggiano la tecnologia intelligente per gli imballaggi del cibo, con packaging che virano di colore e possono monitorare la freschezza dei cibi (76%); ma anche sistemi di controllo delle temperature del frigorifero (75%) e sistemi di pianificazione della spesa (67%).
Il Rapporto 2014 sullo Spreco domestico di Waste Watcher – Knowledge for Expo si articola in cinque ambiti di indagine: l’approccio allo spreco alimentare, le abitudini alimentari degli italiani, la misurazione dello spreco alimentare domestico, gli strumenti per contrastarlo e il profilo dei nuclei familiari tra attenzione e disattenzione allo spreco. Lo spreco domestico in Italia, nel complesso, parrebbe attestarsi a livelli inferiori rispetto a quello monitorato in altri Paesi europei: nei quali, tuttavia, si utilizza un sistema incrociato di rilevazioni legate ai diari alimentari e alla quantificazione dei rifiuti nel bidone della spazzatura, strumenti che portano a rilevare – secondo la letteratura scientifica di settore – uno spreco doppio rispetto alla sola percezione degli intervistati. In generale, l’atteggiamento riguardo allo spreco alimentare varia conseguentemente all’età, alla sensibilità per l’ambiente, al tempo disponibile, ai figli, alla responsabilità sociale dell’intervistato. I risultati completi e dettagliati sono a disposizione sul sito www.lastminutemarket.it.
Sono sei i cluster individuati con il Rapporto 2014: sei tipologie di consumatori che compongono il quadro complessivo dell’opinione pubblica, segmentando l’universo dei nuclei familiari:
– virtuosi (22%): questo gruppo raccoglie la parte più sensibilizzata al tema dello spreco alimentare; lo inquadra sia come una immoralità, sia come un danno ambientale. Con queste motivazioni forti alle spalle, riesce a sprecare veramente pochissimo.
– attenti (27%): il loro atteggiamento è attento allo spreco ma con qualche licenza. Anche questo gruppo è caratterizzato sia dalla sensibilità ai temi ambientali che dalla valutazione morale sullo spreco; ma con un’intensità leggermente minore. La differenza sostanziale è che in questo cluster vi sono più coppie con figli. Sprecano poco.
– indifferenti (10%): quelli che formano questo gruppo non hanno che una marginale attenzione ai temi della salvaguardia dell’ambiente e non ritengono che lo spreco alimentare produca dei danni. Nonostante questa condizione queste famiglie sprecano relativamente poco, meno della media delle famiglie italiane. La causa del loro comportamento corretto è di origine economica; è un gruppo che ha dei redditi limitati ed è il contenimento della spesa a motivarli nel non sprecare. Sprecano sotto la media nazionale ma più dei gruppi precedenti.
– incoerenti (26%): accade spesso, nella società, che ‘si predichi bene e si razzoli male’. Questo gruppo si muove proprio così: segnala l’importanza dell’ambiente, percepisce il danno dello spreco e la sua immoralità, condivide i provvedimenti utili alla riduzione di questo fenomeno; però spreca.
– spreconi (4%): si tratta di un piccolo cluster ma è significativo di un atteggiamento sociale, relativo non solo a questo tema; ‘io non ho responsabilità’, è la società che deve pensarci. Questo gruppo ha scarso interesse per l’ambiente e non ritiene che vi siano conseguenze più generali dovute allo spreco; per di più avendo anche una media capacità economica non vive neanche questo deterrente rispetto allo spreco alimentare domestico.
– incuranti (11%): questo gruppo mostra di cogliere la problematicità dello spreco, ma come tema a se stante; non si scalda troppo per l’ambiente e, soprattutto, non ha interesse ad approfondire le conseguenze e le interdipendenze dello spreco alimentare.