Quando a Roma passeggiava l’elefante antico

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A pochi chilometri da Roma si fa un enorme salto nel passato fino ad arrivare a 320 mila anni fa, quando i vulcani dominavano l’intero paesaggio, scorrevano limpidi fiumi e grandi mammiferi terrestri abitavano il territorio della Campagna Romana. Il tempo si è fermato al Pleistocene Medio tra la via Aurelia e la via di Boccea, più precisamente nell’area di Cecanibbio, nota un tempo per l’allevamento dei puledri: ‘polledrare’. In questi campi, nel 1984, alcuni studenti notarono l’affioramento di grandi ossa fossili. Ebbe così inizio uno degli scavi archeologici più importanti per le conoscenze preistoriche e paleontologiche non solo dell’area romana ma d’Italia e d’Europa. Chi l’avrebbe mai detto, a Roma c’erano gli enormi elefanti antichi.

Lo spiega Federica Marano del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università La Sapienza di Roma nell’ambito delle iniziative per promuovere La Settimana del Pianeta Terra, una serie di 237 eventi in contemporanea dal 18 al 25 ottobre (già presentati da GreenPlanet), in cui si è inserita una visita al museo La Polledrara di Cecanibbio, il giacimento paleontologico musealizzato più esteso d’Italia con i suoi 900 metriquadri di superficie esposta protetta e visitabile.

Da un percorso sopraelevato, sospeso sull’alveo di un antico fiume, si possono ammirare i resti di grandi elefanti estinti, buoi, cervi, bufali, rinoceronti, cinghiali, le cui ossa, insieme a quelle di numerosi carnivori e animali di piccole dimensioni, furono trasportate dal fiume in piena ed infine depositate sul fondo.

I resti di alcuni elefanti sono stati ritrovati in perfetta connessione anatomica, intrappolati nel fango che gradualmente occupò il posto del fiume. Il fango si rivelò una trappola mortale per i grandi animali che, scivolati nei sedimenti fangosi, furono incapaci di liberarsi e lì morirono.

Le loro carcasse furono intensivamente sfruttate dai nostri antenati pleistocenici: selci scheggiate, strumenti in osso e numerose altre tracce testimoniano il loro passaggio in quest’area paludosa.

Spettacolari fondali scenografici riproducono con rigore scientifico il paesaggio, la flora e la fauna che caratterizzarono il Pleistocene dell’area, ridando vita agli innumerevoli resti di tante specie animali.

Lo scavo è terminato nel 2014 e gli studi paleontologici, archeologici e geologici sono ancora in corso così come gli studi per la conservazione e la protezione del sito pleistocenico più importante e affascinante in Italia ed il più ricco in Europa di resti di elefante antico.

 

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