Il governo croato ha autorizzato la realizzazione di 19 piattaforme per l’estrazione di petrolio nel mare Adriatico. Il rischio di un impatto ambientale negativo, con riflessi anche sull’economia turistica, è alto. Il governo croato non ha evidentemente calcolato le perdite che potrebbero derivare da questa decisione al turismo, che è una voce fondamentale dell’economia della Croazia.
Ma pare che abbia ben calcolato che incasserà 2,5 miliardi di euro in 5 anni dalle concessioni petrolifere. La Dalmazia incassa dai turisti in cinque stagioni estive sicuramente una cifra ben più alta, se è vero che, sulla costa italiana, il solo Veneto ha un giro d’affari di 17 miliardi di euro l’anno derivanti appunto dal turismo.
I danni all’ambiente marino sono cominciati già con le prime trivellazioni nell’estate 2013, quando sulle coste emiliane e venete furono rinvenute le carcasse di una sessantina di delfini e di un centinaio di tartarughe.
L’allarme è forte in Veneto, dove un geologo ha affermato che persino Venezia potrebbe subìre conseguenze drammatiche.
I partiti, dalla Lega al PD, e i rappresentanti del settore turistico stanno facendo fronte comune e premono su Bruxelles affinché blocchi l’iniziativa, ora che Zagabria è entrata in Europa. Il governatore veneto Luca Zaia è perentorio: ‘Sono indignato.
L’Europa avrebbe dovuto già intervenire. L’Adriatico è piccolo e i suoi equilibri sono fragili, siamo a rischio di disastro ambientale’. Per altri politici ‘vanno introdotte subito regole condivise sull’uso del mare’.
Alla Commissione Europea è arrivata un’interrogazione di europarlamentari italiani in cui si afferma in modo deciso che la morte dei piccoli cetacei e di altri animali marini è stata causata proprio dalle esplorazioni petrolifere al largo delle coste della Croazia.