Spigole e orate da allevamenti biologici stentano ad affermarsi sia sul fronte dell’interesse dei produttori sia su quello del gradimento dei consumatori. Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha condotto in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile del CNR, il Progetto SANPEI 2 sulla valorizzazione dei prodotti da acquacoltura biologica italiana nella ristorazione collettiva pubblici.
Durato 36 mesi, finanziato dal ministero dell’Agricoltura, il progetto ha permesso di studiare per la prima volta il possibile avvio di produzioni biologiche locali, mediante la creazione di parchi riproduttori provenienti dalle numerosissime aree lagunari presenti sul territorio italiano. Infatti, sono stati prelevati dai laghi costieri del Parco Nazionale del Circeo pesci selvatici di specie marine di interesse commerciale allo stadio giovanile per creare un parco riproduttori biologico e poi sono stati verificati gli effetti sulla qualità del prodotto, dopo un periodo di allevamento sperimentale in regime biologico. Le analisi svolte hanno evidenziato come le orate allo stadio giovanile, provenienti da ambienti lagunari di alto valore ecologico, rispetto a quelle provenienti dagli allevamenti intensivi, presentino una qualità nutrizionale migliore in termini di valori più elevati di acidi grassi omega-3 come nel rapporto omega-3/omega-6 oltre che di alcuni macro e micro-elementi (sodio e magnesio, rame e ferro).
Inoltre, in collaborazione con le associazioni di categoria del settore, è stato messo a punto e distribuito un questionario destinato alle imprese associate, volto ad inquadrare le problematiche che impediscono lo sviluppo dell’acquacoltura biologica in Italia, come ad esempio i costi di produzione e di certificazione, i mangimi poco performanti e la ancora scarsa domanda del mercato.
Per quanto riguarda il consumo, invece, SANPEI 2 ha effettuato un’analisi della filiera, dai produttori alle mense scolastiche e universitarie, in comuni metropolitani e costieri, sia valutando i costi di approvvigionamento, distribuzione e preparazione, sia verificando la fattibilità tecnica, logistica e organizzativa. I risultati mostrano che è fattibile e conveniente introdurre pesce fresco di allevamento invece di prodotto surgelato della pesca di specie intensamente sfruttate.
E d’altronde, un’indagine effettuata su 1176 studenti, fruitori delle mense universitarie della Sapienza di Roma e del Politecnico di Torino, ha rivelato che il 20% del campione non prende mai pesce in mensa perché lo reputa di cattiva qualità, ma il 60% (il 27% tra quelli che non lo prendono mai) sarebbe disponibile a pagare di più per avere pesce di maggiore qualità. Sul campione, inoltre, è stato sperimentato con un buon gradimento il pesce intero al cartoccio (spigola a Roma e trota a Torino), una preparazione che permette di risparmiare i costi della lavorazione in filetti, per reinvestire sulla qualità del prodotto scelto. Sul fronte dei consumatori più piccoli, gli studi svolti hanno rilevato che, senza interventi educativi specifici, anche l’introduzione di nuove ricette a base di pesce non ne aumenta il consumo.
Il pesce, infatti, è tra gli alimenti ‘difficili’ per i bambini e un’educazione alimentare efficace va ripensata concentrandosi non tanto sul singolo alimento, ma sul pasto nel suo insieme: è stato appurato infatti che la qualità delle relazioni intorno al cibo conta più della qualità degli alimenti. Proprio per promuovere questo messaggio nelle scuole, nei teatri e nelle mense è stato prodotto nell’ambito del progetto uno spettacolo teatrale ‘A tavola! Relazioni biologiche’.