Perché il biologico stenta a crescere in Serbia: ostacoli strutturali, scarsi incentivi e territori abbandonati

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Nonostante un clima favorevole e una dotazione di suolo agricolo tra le più generose della regione balcanica, la Serbia continua a registrare una delle più basse percentuali di superficie destinata all’agricoltura biologica in Europa: appena lo 0,8% delle terre arabili secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Agricoltura.

Un paradosso che si spiega con una combinazione di fattori normativi, economici e demografici. Mentre nell’Unione Europea la transizione al biologico è una priorità strategica — con l’obiettivo di decuplicare le superfici entro il 2030 — nei Balcani il percorso rimane a rilento. Tra i Paesi dell’ex Jugoslavia, solo la Croazia (8,6%) e la Slovenia (10,7%) hanno sviluppato un sistema agricolo biologico con una presenza significativa. In Serbia, Bosnia, Macedonia del Nord e Montenegro, le cifre restano ben al di sotto dell’1%.

Un sistema regolato ma ostacolato dalla burocrazia

In Serbia, l’agricoltura biologica è regolata da una legge nazionale e da una serie di regolamenti attuativi che definiscono metodi di coltivazione, sostanze ammesse, modalità di protezione delle piante e gestione del bestiame. Ma l’iter per ottenere la certificazione è lungo e complesso: prevede corsi obbligatori di formazione, ispezioni ripetute da parte di organismi di controllo autorizzati, e un periodo di transizione che può durare da due a tre anni, necessario per ripulire il suolo da sostanze chimiche non ammesse.

La produzione biologica richiede un impegno molto superiore rispetto all’agricoltura convenzionale, sia in termini di lavoro manuale sia per le limitazioni nei metodi di difesa e nutrizione delle colture. A fronte di questi sforzi, gli agricoltori devono affrontare costi più alti senza un sistema di incentivi efficace e tempestivo.

Incentivi insufficienti e ritardi nei pagamenti

Secondo Serbia Organica, l’organizzazione che da oltre 15 anni monitora il settore biologico nel Paese, i sussidi statali dedicati al biologico sono spesso in ritardo anche di un anno rispetto a quelli per l’agricoltura convenzionale. Il Ministero dell’Agricoltura ha stanziato per il 2025 circa 200 milioni di dinari (oltre 1,7 milioni di euro), con pagamenti che ammontano a 63.000 dinari per ettaro, ovvero il 250% in più rispetto al convenzionale, e un incremento del 40% per il settore zootecnico. Ma si tratta ancora di misure limitate, che non riescono a compensare le difficoltà operative del comparto.

Distribuzione territoriale e aree inaccessibili

Un ulteriore ostacolo è legato alla localizzazione geografica delle aree potenzialmente vocate al biologico. Per garantire un ambiente sano e non contaminato, le coltivazioni biologiche dovrebbero sorgere lontano da fonti di inquinamento come strade trafficate, discariche e insediamenti industriali. Le zone più adatte sono spesso riserve naturali o parchi nazionali, ma queste aree sono per lo più disabitate, rendendo difficile l’organizzazione del lavoro agricolo e scoraggiando nuovi insediamenti rurali.

Quali settori trainano il biologico serbo

L’agricoltura biologica serba si concentra soprattutto sulla frutticoltura (33,4%) e sulla cerealicoltura (30,5%), mentre le altre produzioni coprono quote molto più ridotte. Le regioni della Šumadija e della Serbia occidentale sono in testa per superficie biologica coltivata.

Un settore con potenzialità, ma serve una visione politica

La scarsa diffusione del biologico in Serbia non dipende da una mancanza di risorse naturali, ma da un insieme di ostacoli amministrativi, carenza di manodopera nelle aree rurali e sostegni pubblici poco strutturati. Una visione politica più chiara e strumenti efficaci di accompagnamento potrebbero invertire la rotta, favorendo un’agricoltura più sostenibile in un contesto che, sulla carta, ha tutto il potenziale per svilupparla.

La Redazione

Notizie da GreenPlanet

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