Il 2012 è stato un anno record per l’incremento delle superfici di OGM a livello mondiale. ISAA (International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications) ha presentato il suo studio annuale di colture OGM in tutto il mondo. Nel 2012 ben 170,3 milioni di ettari sono risultati coltivati con colture OGM, con un incremento di 10,3 milioni di ettari rispetto al 2011. Ne ha dato notizia, in questi giorni, l’agenzia Agence Ecofin Com.
Più della metà delle superfici (52%) si trovano nei Paesi in via di sviluppo. Il Brasile (36,6 milioni di ettari) è il numero 2 al mondo dopo gli Stati Uniti (69,5 milioni) e rappresenta il 21% del totale mondiale. L’India ha 10.800.000 ettari, 4.000.000 la Cina, Argentina e Sudafrica 78,2 milioni di ettari. Il continente africano registra un aumento del 26%, attestandosi a 2,9 milioni di ettari. Dopo Sudafrica, Egitto e Burkina Faso, anche il Sudan è partito con le prime piantagioni OGM.
Sono tanti gli interrogativi, e insieme le preoccupazioni, che sorgono in proposito: sull’Africa, per esempio, dove le multinazionali della chimica possono affondare come nel burro per sperimentare e propagare colture basate su sementi da organismi geneticamente modificati, forti delle loro capacità finanziarie e tecnologiche, che diventano argomentazioni straordinarie nei Paesi più poveri.
Eppure l’Africa è la culla della differenziazione genetica naturale: e allora – ci si deve chiedere, oggi, subito – ma che cosa si fa per tutelare e valorizzare questa biodiversità prima che sia ridotta a una misera riserva, a un triste parco per turisti, circondato da colture che poco o nulla hanno a che fare con la sua straordinaria storia genetica, naturalistica e anche agricola? Non è stata l’Africa, la prima grande culla, dell’attività agricola dell’uomo? Sembra fuori di dubbio che sia stato così, e ci riferiamo alla valle del Nilo.
Non è forse l’Africa una delle speranze più grandi per lo sviluppo dell’agricoltura biologica del prossimo futuro innestandola direttamente sulla tradizione locale dell’agricoltura ancestrale che non sapeva e non sa cos’è la chimica?
Interrogativi, preoccupazioni, che dovrebbero trovare risposta.