Da alcuni mesi, a seguito della vicenda Gatto con gli Stivali, il mondo del biologico vive la necessità di una svolta, sia dal punto di vista culturale che da quello pratico.
La crisi della maxi truffa ha costretto ad un ripensamento di quanto fatto fino ad oggi, riconoscendo gli errori e salvaguardando i valori del settore: salute, tradizione, sostenibilità ambientale.
Il rafforzamento del sistema di controllo è sicuramente un intervento necessario peraltro già da tempo in atto. Ma altrettanto essenziale è anche una risposta, in un certo senso complementare, che consiste nella riscoperta non solo teorica ma soprattutto pratica delle filiere nazionali.
Bisogna ripensare il concetto di filiera, in primis, in termini di prossimità: una filiera "vicina" non tanto e non solo dal punto di vista geografico, perché il discorso può valere anche per partner esteri, ma organizzativo e sociale. Stabilire nel tempo una relazione solida con i partner commerciali significa di fatto puntare su affidabilità e qualità.
Riscoprire la filiera "vicina" comporta un impegno maggiore rispetto al commercio in cui si compra di volta in volta dal miglior offerente, ma paga sul lungo periodo e riduce di molto i rischi di truffe.
Richiede però passione verso il lavoro e attenzione a due fattori fondamentali: innanzitutto l’equa distribuzione del reddito in tutte le parti della filiera. Troppo spesso all’agricoltura arrivano solo le briciole del reddito prodotto.
Non a caso negli ultimi dieci anni la parte agricola del mercato è rimasta quasi ferma, mentre il comparto della lavorazione si è sviluppato in modo sorprendente. La cosa non solo mette in evidenza un necessario ritorno all’equità, ma è anche paradossale dato che l’Italia si qualifica come eccellenza nel mondo proprio per le sue materie prime.
Attraverso una più giusta distribuzione del reddito, la filiera diventerà più efficiente anche dal punto di vista economico, come un meccanismo ben oliato: in questo caso, qualità e pazienza vengono ripagate.
Se vogliamo proporre il biologico italiano sul mercato internazionale dobbiamo puntare sulla nostra identità, fatta di ingredienti unici provenienti da una tradizione agricola millenaria che tutto il mondo ci invidia. Anche se è importante sviluppare un commercio di filiera che sappia dialogare positivamente con l’estero, è difficile proporre il biologico italiano senza promuovere le filiere autoctone.
Come Consorzio il Biologico, crediamo nell’efficacia di questo metodo non solo dal punto di vista economico e protettivo di fronte a fatti come la recente frode Gatto con gli Stivali. Ci crediamo soprattutto perché su questo si basa la nostra identità di Consorzio, la nostra tradizione di produttori che portiamo avanti fin dalla nostra nascita e per il futuro, insieme ai nostri soci.
Lino Nori
presidente Consorzio il Biologico