Moretti (Coop Girolomoni): la domanda di bio italiano in UK non è main stream

Sergio Moretti

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Si è chiusa lunedì 17 aprile la due giorni londinese dedicata al settore del bio, Natural & Organic Product Expo. Tra gli italiani presenti al Salone anche la cooperativa Girolomoni. Abbiamo colto l’occasione per rivolgere qualche domanda a Sergio Moretti, direttore commerciale della realtà marchigiana (nella foto di apertura), con particolare focus sul mercato inglese e sulle dinamiche commerciali sviluppatesi post Brexit.

– Dal vostro osservatorio privilegiato, come appare la domanda britannica di biologico made in Italy?

“Innanzitutto bisogna chiarire che il concetto di biologico (organic) come lo intendiamo in Italia è meno sentito in UK rispetto ad altri Paesi europei. Questo perché esiste forte il concetto di prodotto “natural”, cioè senza conservanti, coloranti o additivi chimici. Un prodotto convenzionale in UK può essere “natural”, anche se non “organic”. Inoltre, in UK sono fortissime anche le cucine etniche di tutto il mondo, che ovviamente restringono lo spazio a disposizione per i prodotti italiani. Infine, il mercato inglese è uno dei mercati a maggior penetrazione di Private Label del distributore e sono presenti molti marchi inglesi che si appoggiano a copacker italiani. Quindi lo spazio per i prodotti di marca italiani è molto poco. Detto ciò, il biologico Made in Italy viene percepito molto positivamente, per quanto riguarda serietà dei produttori e garanzia per il consumatore. La domanda non è main stream (il prodotto biologico di qualità all’interno della GDO è relativamente poco presente) e si indirizza fortemente verso il canale specializzato, l’home delivery, l’online e i food groups o food coop“.

– Alla luce del nuovo regime doganale introdotto post Brexit, com’è cambiato il flusso commerciale verso il Regno Unito? Quali sono le maggiori difficoltà?

“Premesso che al momento lavoriamo poco con il Regno Unito, l’opinione comune è che dopo la Brexit tutto sia diventato più difficile e costoso. Non solo come export dall’Italia al Regno Unito, ma alcuni operatori inglesi lamentano anche la perdita di vendite che sviluppavano fino a tempo fa verso il mercato europeo. Le difficoltà doganali, di extra costi e di lungaggini burocratiche non aiutano un flusso snello e lineare”.

Veronica Sbrocca (prima a destra), export manager della Girolomoni, a colloquio con alcuni distributori inglesi in fiera

– Cosa rappresenta il mercato UK per Girolomoni? E in generale l’estero?

“Il mercato UK per noi è ancora minimale, nonostante l’importanza dei consumi inglesi, ed è questo è uno dei motivi per cui abbiamo partecipato alla Natural & Organic Product Expo. D’altra parte invece l’estero per Girolomoni rappresenta tre quarti del fatturato totale, operando noi in circa 30 Paesi nel mondo, sia direttamente con il nostro marchio, sia tramite prodotti realizzati per conto terzi”.

Veronica Sbrocca (prima a destra), export manager della Girolomoni, a colloquio con alcuni distributori inglesi in fiera.

– Qual è il vostro giudizio sull’andamento del salone londinese?

“Si tratta di un evento molto focalizzato sul mercato inglese, abbastanza partecipato e vivo, con una nutrita presenza di operatori del dettaglio specializzato e distributori dedicati ai prodotti biologici e naturali. Non abbiamo visto buyer della GDO inglese o operatori diretti di altri settori (Ho.Re.Ca., Food Service, ecc.). Contiamo nei prossimi mesi di sviluppare alcuni contatti potenzialmente interessanti che abbiamo tessuto in loco e cominciare ad aprire tale mercato per Girolomoni”.

Chiara Brandi

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