‘Sicuramente è un segnale incoraggiante che la commissione Industria del Senato abbia approvato un emendamento all’art. 66 delle Liberalizzazioni con il quale si introduce, accanto all’alienazione, anche la possibilità di concedere in locazione i terreni agricoli e a vocazione agricola demaniali. Positiva anche la modifica secondo la quale ai terreni concessi in affitto a coltivatori diretti, o imprenditori agricoli professionali con meno di 40 anni, non si applichino le rivalutazioni dei redditi dominicali e agrari previste dal decreto Salva Italia.
Tuttavia l’articolo 66 delle Liberalizzazioni è ancora lontano da quella che noi riteniamo la formulazione ottimale e dalla proposta che avevamo avanzato a inizi febbraio insieme ad altre 15 associazioni e organizzazioni del mondo agricolo e ambientalista’.
Così Alessandro Triantafyllidis, presidente nazionale dell’AIAB, commenta l’approvazione da parte della commissione Industria del Senato dell’emendamento 66.6 delle Liberalizzazioni, sulla dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola.
‘Permane infatti – prosegue Triantafyllidis – la possibilità di vendere il patrimonio comune rappresentato dai terreni demaniali e restano tutti i rischi e gli svantaggi connessi all’alienazione. Dal rischio di favorire la concentrazione della terra nelle mani delle poche grandi realtà che potranno permettersi l’investimento dell’acquisto al pericolo di avvantaggiare le grandi opportunità di liquidità della criminalità organizzata. Tanto più che non viene stabilito un tetto limite massimo per la vendita dei terreni demaniali’.
‘Con il via libera all’emendamento 62.100, inoltre, riteniamo che si sia fatto più di un passo indietro sul fronte della disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari. La modifica accolta – conclude Alessandro Triantafyllidis – rinvia di sette mesi l’obbligo del contratto scritto per la cessione di beni agricoli e alimentari e fa decorrere i 30 giorni di termine per il pagamento dalla data di ricezione della fattura, anzichè dal giorno di ricezione dei prodotti come prima previsto. Più che modifiche a favore degli agricoltori è evidente che si tratta di cambiamenti proposti e accolti su pressione della lobby della GDO’.