Lettera di una lettrice di GreenPlanet a Moro di Carrefour

Parola ai lettori

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L’articolo pubblicato il 7 marzo su GreenPlanet dal titolo Moro (Carrefour Italia): renderemo il bio sempre più “democratico” di Mariangela Latella ha ricevuto grande attenzione dai nostri lettori e dalle nostre lettrici. In particolare Umberta Messina ci ha scritto raccontandoci la sua esperienza da neo-produttrice. Riportiamo di seguito la mail arrivata:

Gentilissimi,

ho appena letto l’articolo su greenplanet.net ‘Moro (Carrefour Italia): renderemo il bio sempre più “democratico”’. Non è mica vero che la grande distribuzione non abbia obblighi: per lo sfuso, i negozi grandi o piccoli devono avere un magazzino “bio” separato dal resto. A questo punto, immagino (e spero) che avranno anche una movimentazione diversa, altrimenti non ha senso la separazione. Per il confezionato non esiste tale obbligo, ma le grandi catene preferiscono vendere con il proprio marchio i prodotti bio confezionati dai produttori: per esempio, Conad ha la linea Verso Natura Bio.

Questo glielo dico perché ci ho appena battuto il naso, come novella produttrice. Il mio controllore mi aveva spiegato la faccenda dei magazzini separati e Conad mi ha spiegato il resto. Risultato: non posso vendere i miei ortaggi sfusi se non direttamente al consumatore (oppure come convenzionali), ma questa è un’altra storia.

Grazie. Cordiali saluti.
Umberta Mesina

Alla richiesta di poter pubblicare il suo commento la nostra lettrice ha risposto approfondendo ulteriormente:

Quello che racconto, lo so perché mi è stato spiegato, in quanto produttrice novellina. Sinceramente non me lo aspettavo e non lo apprezzo, ma ne comprendo la logica. Io però sono una piccola produttrice ed è possibile che, per grandi partite di merce, ci siano regole diverse (anche se non avrebbe molto senso). In ogni caso, delle regole esistono. Inoltre, partendo dalla mia esperienza, devo dire che la norma sullo sfuso non è disattesa; ma la mia esperienza è limitata a punti vendita di due o tre grandi catene; e non conosco affatto il mondo dei discount.

Un paio di esempi concreti: stamattina, in un supermercato Gala di media grandezza, mi sono trovata davanti una zucca violina sfusa e, nella stessa cassetta, una zucca violina in sacchetto di plastica con l’etichetta di Alce Nero. Erano insieme, qualcuno potrebbe considerarle entrambe sfuse, ma di fatto la seconda non lo era.

Nell’ipermercato Coop che frequento, invece, c’è un gruppo di banchi con ortofrutta biologica veramente sfusa, ma il gruppo è ben separato dagli altri banchi (2-3 metri, è una specie di isola) e porta l’insegna di Almaverde, non quella della Coop che lo ospita.

La situazione normativa, come mi è stata spiegata, è la seguente:

1) Per offrire sfusi i prodotti biologici certificati secondo il regolamento 2018/848 (o il precedente 834/2007), un punto vendita deve avere per un magazzino separato, o una parte di magazzino. Questo mi è stato chiarito dal mio organismo di controllo, che in passato ha anche certificato alcuni di tali magazzini, per Eurospin, mi pare. La logica, naturalmente, è quella di evitare che i due sfusi, bio e convenzionale, si confondano, quindi li dovremmo trovare separati anche nel punto vendita. Se poi qualcuno non si comporta secondo la norma… non saprei dirlo. Posso solo dire che una norma c’è.

2) L’azienda di grande distribuzione può invece vendere il prodotto confezionato del produttore, o con un proprio marchio bio oppure con l’etichetta del produttore stesso, come la zucca violina di cui scrivevo prima. A quel punto, però, non è propriamente prodotto sfuso.

La faccenda del bio-con-marchio-del-distributore accade in Conad (me lo ha spiegato uno dei loro responsabili commerciali), ma anche in Coop e altrove. Del resto, se uno guarda, che so, il farro biologico col marchio bio della catena X, vedrà che c’è scritto “Prodotto e confezionato per X da Y”.

Il confezionamento, anche il più sommario, va certificato dall’OdC e va effettuato in un locale aziendale apposito che rispetti le norme sanitarie (controllo Asl). E sono costi per il produttore, che in teoria diventano maggior prezzo per il consumatore. Poi ci sono politiche di prezzo eccetera, ma anche questa è un’altra storia.

3) Attualmente non sono a conoscenza di altre soluzioni per lo sfuso, a parte la vendita diretta. È possibile che altri operatori, diversi da quelli che frequento io, abbiano altre norme da seguire? Mi pare difficile, almeno riguardo agli ortaggi sfusi. Avrei chiesto lumi direttamente a Carrefour Italia, ma non sono riuscita a trovare un contatto utilizzabile.

Grazie. Buona giornata.
Umberta Mesina

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