L’Agroforestry a supporto dei sistemi bio. Lo studio dell’Università della Basilicata

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Perché proporre l‘agroforestry  (agro-forestazione) come ulteriore possibilità per rendere quanto più sostenibili le produzioni?Al nostro interrogativo ha risposto il professor Carlo Cosentino dell’Università degli Studi della Basilicata (nella foto accanto) che ha concesso a GreenPlanet questa lunga intervista sugli studi condotti in materia.

L’agroforestry è l’insieme dei sistemi agricoli che vedono la coltivazione di specie arboree e/o arbustive perenni, consociate a seminativi e/o pascoli e/o sistemi promiscui in combinazione tra colture agrarie e attività zootecniche, nella stessa unità di superficie. Possiamo sinteticamente distinguere l’agroforestry in diverse tipologie:

  • sistemi silvoarabili: specie arboree da legno e/o frutto e specie erbacee colturali;
  • sistemi silvopastrali: specie arboree da legno e da frutto;
  • sistemi lineari: siepi, frangivento o fasce tampone ai bordi dei campi;
  • fasce ripariali: specie arboree e arbustive coltivate agli argini dei corsi d’acqua;
  • coltivazioni in foresta: frutti di bosco e prodotti non legnosi in genere;
  • sistemi promiscui: forma colturale annuali, poliennali e permanenti in promiscuità con l’allevamento di animali.

In questo veloce excursus si descrive un esempio di sistema promiscuo che combina l’obiettivo produttivo di arboricoltura – giovani corileti – di lungo periodo con l’obiettivo produttivo zootecnico di corto periodo –ovaiole. Questa tipologia di agroforestry promiscuo è stata validata in una recente esperienze applicativa svolta sul territorio della Regione Basilicata nell’ambito del progetto Corilus supportato dalla misura 16.1 del PSR. Tale sistema ha fornito dei risultati interessanti in termini di multifunzionalità produttiva aziendale, diversificazione del reddito, miglioramento dei parametri di sostenibilità e qualità produttiva.

Scopriamo quali sono.

“Le prove sono state condotte per due anni in corileti (noccioleti, ndr) con sesti di impianto 5×3 e forma di allevamento a cespuglio inserendo in due siti a confronto due prototipi di pollaio mobile. I risultati ottenuti hanno evidenziato una diminuzione dei costi di gestione degli impianti corilicoli – costi dedicati al contenimento delle infestanti, un miglioramento organico del suolo – deiezioni animali dirette, un aumento della sostenibilità e un buon indice di deposizione delle ovaiole – atteso il sistema plein air di allevamento. Per il monitoraggio dell’applicazione è stato scelto un ibrido di ovaiole commerciale Isa-Brown nera e non una razze locale dal facile adattamento alle diverse condizioni ambientali ed elevata resistenza alle malattie in quanto non avrebbe permesso la standardizzazione e la replicabilità della tesi proposta in altri areali. L’ibrido selezionato ha dimostrato comunque una buona capacità di perlustrare giornalmente un ampio territorio procurandosi direttamente elevate quantità di cibo; è di facile gestione anche per allevatori non esperti con uno spazio medio dedicato di circa 10 mq/capo in rotazione  – superiore alla direttiva sul biologico”.

Nella specie:

“ La produzione nel sito A è stata monitorata dal 16 maggio 2019  – installazione pollaio pilota –  con prima deposizione del 50% dei capi il 22 maggio 2019  e chiusura monitoraggio al  31 maggio 2021 – totale giorni osservati 740 ottenendo un tasso di deposizione – uova/gallina/giorno – di 0,54% e nel Sito B 0,42%. Il consumo medio di mangime integrativo è stato di 95 gr/capo/giorno nel Sito A e di 85 gr/capo/giorno nel Sito B. I dati ci permettono di affermare che la minore produzione produttiva rispetto all’allevamento a terra al chiuso -0,95/die in media e all’allevamento all’aperto – 0,78/die in media – è imputabile ad una serie di fattori di seguito elencati: assenza di programma luce compensativo per completare le 16 ore giorno; assenza di alimentazione interna al prototipo di pollaio installato, scarsa coibentazione del prototipo utilizzato con maggior dispendio di energia per la termoregolazione. Il minor tasso di deposizione sia del Sito A che B rispetto ad un classico allevamento a terra al chiuso, e all’aperto biologico e non, è però più che compensato dal minore consumo di mangime che in media si riduce di circa il 35% rispetto all’allevamento a terra e del 30% rispetto all’aperto e biologico. In media gli allevamenti all’aperto dedicano una superficie per ovaiola di circa 4 m2/capo o 6m2/capo nei sistemi biologici rispetto ai 10 m2/capo disponibili e in rotazione nell’allevamento all’aperto mobile proposto. Il minor consumo di mangime è ottenuto grazie alla più ampia superficie dedicata e soprattutto alla rotazione continua del pollaio tra le file dei corileti calcolata secondo le giuste pressione di pascolo che ha consentito alle ovaiole di pascolare sempre su un cotico erboso non degradato come purtroppo invece accade spesso osservare in molti sistemi agricoli. Durante il periodo di applicazione si è effettuata inoltre un’analisi floristica al fine di identificare successivamente le specie spontanee preferite dalle ovaiole  – grafico A e B e verificare il mantenimento della diversità floristica. La carne, il latte, le uova e gli altri prodotti di origine animale biologici oggi provengono da allevamenti controllati che devono soddisfare standard rigorosi e  l’uso esclusivo di alimenti biologici – oltre al divieto dell’uso di antibiotici etc garantendo inoltre la possibilità per gli animali di accesso al pascolo. I metodi di produzione biologica quindi soddisfano tutte le normative sanitarie ed operano in sinergia con l’ambiente, sostenendo indirettamente la biodiversità e favorendo – con turnazioni adeguate – un suolo sano a patto però di una giusta pressione di pascolo. Il sistema di agroforestry promiscuo si sposa perfettamente con la normativa biologica permettendo in più una riduzione dei costi sia della produzione primaria che insiste sull’appezzamento che della secondaria.  Dalle prove condotte e dalle immagini riportate risulta evidente come il pascolamento delle ovaiole ha evitato di effettuare azioni di diserbo e/o di trinciatura e/o di fresatura nelle aree coperte dalla rotazione del pollaio pilota. Il risultato è proporzionalmente migliore quanto più è accurato il calcolo della corretta pressione di pascolo – carico animale e dei tempi di turnazione. Il sistema di agroforestry applicato, corileto e ovaiole, è risultato perfettamente in linea ai principi del sistema di allevamento biologico che possono essere di seguito riassunti in una riduzione degli input energetici nel sistema; la combinazione di produzione vegetale e animale, le rotazioni e turnazioni, la protezione della biodiversità, il divieto di utilizzo di input chimici per la fertilizzazione delle piante e l’uso di prodotti naturali per il trattamento di animali. Da sottolineare che relativamente all’adattamento, il microclima che si crea nei sistemi agroforestali, è ritenuto utile per apportare conforto termico agli animali nei periodi in cui è rilevante il rischio di ondate di caldo estreme. Anche in questo caso si registra sia un effetto diretto dell’ombreggiamento sugli animali sia un effetto indiretto sul miglioramento della qualità nutrizionale dei coltivati nell’ambito dei sistemi agrosilvopastorali”.

– In buona sostanza, quali le implicazioni dell’Agroforestry per l’equilibrio ecologico del pianeta?

“L’Agroforestry così come l’agricoltura biologica deve favorire il benessere del suolo, delle piante, degli animali e degli esseri umani, come un insieme unico. Il benessere di una comunità infatti, non potrà mai essere separato dal benessere degli ecosistemi. L’uso dei diversi fattori produttivi deve essere ridotto tramite la riutilizzazione e la gestione efficiente del terreno, dei materiali e dell’energia – modelli circolari – questo consentirà di preservare le risorse mantenendo e migliorando la qualità dell’ambiente. I sistemi promiscui stanno riscuotendo interesse in molti Paesi, sia europei sia extra europei – soprattutto quelli più interessati ai fenomeni di cambiamento di uso del suolo finalizzati alla messa a coltura di aree forestali. L’agricoltura in generale e ancor più i sistemi Biologici dovranno sempre tendere all’equilibrio ecologico attraverso l’innovazione e alla riscoperta di sistemi agricoli tradizionali quale l’agroforestry. Sviluppare nuovi modelli agroforestali, moderni ed efficienti, per migliorare la sostenibilità ambientale dei sistemi di produzione e contrastare fenomeni quali l’erosione, la perdita di sostanza organica e le emissioni di gas serra, garantendo, al contempo, un elevato standard produttivo e un miglioramento del reddito dell’imprenditore agricolo. Team di ricercatori sparsi in tutto il mondo hanno ormai confermato scientificamente il beneficio di ogni forma di eterogeneità, anche la più piccola. Nei sistemi agricoli dove la biodiversità è maggiore le piante si difendono meglio dagli insetti dannosi, favoriscono l’impollinazione e producono di più”.

Maria Ida Settembrino

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