La lobby che non piace a Federbio

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L’editoriale del 30 agosto (Due lobby che si scontrano) ha sollevato molteplici reazioni, critiche ed è stato oggetto di dietrologie. E’ stato anche letto da molti. L’editoriale commentava l’uscita del Consorzio il Biologico di Bologna dalla Federazione di settore, FederBio, e tentava di darne una spiegazione, anche alla luce della reazione di FederBio. In sintesi, l’opinione che ho espresso, mossa anche da questa reazione, è stata quella riportata nel titolo: due lobby che si scontrano.

Dopo aver letto i testi arrivati in redazione, di critica e di chi ci ha costruito sopra delle dietrologie, resto della medesima convinzione, che esplicito un po’ di più: nel biologico italiano il nuovo decreto ‘recante disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica’ ha provocato uno scontro tra lobby, tra visioni e interessi divergenti; scontro già in atto ma prima solo latente; visioni e interessi che non possono più trovare una sintesi in una Federazione che ha preso una posizione che, come il decreto in questione, danneggia apertamente e fortemente tutto il settore degli organismi di controllo, in particolare quelli che hanno operato in maniera più seria e professionale, costituendo parte non secondaria della credibilità (che è alla base di tutto nel bio) e di conseguenza del successo del biologico italiano nel mondo.

Il decreto in questione è lungo, astruso e farraginoso come del resto tutto quanto venga prodotto dalla legislazione italiana, forse la più complessa, articolata e contraddittoria al mondo (premessa di una giustizia che non funziona). Impone agli organismi di controllo una serie esasperante di incombenze burocratiche. Stabilisce che gli organismi di controllo non possano avere ‘partecipazioni, dirette o indirette, nella struttura proprietaria da parte di operatori e associazioni di operatori’. Ma il decreto è soprattutto chiarissimo su un punto che danneggia gli organismi di controllo in maniera palese. Il paragrafo dell’articolo 4 del decreto recita testualmente: ‘Gli organismi di controllo non possono svolgere l’attività di controllo sul medesimo operatore per un periodo superiore a cinque anni. Gli organismi di controllo favoriscono il passaggio degli operatori ad altri organismi di controllo, garantendo la continuità del controllo’.

Ora, gli organismi di controllo sono imprese. E pensare che un’impresa, dopo 5 anni, debba lasciarsi andare via tutti i clienti, è davvero qualcosa di inconcepibile, soprattutto se ha lavorato con questi clienti bene, con serietà. Coloro che invece hanno i clienti più deboli o meno clienti (e qualche ragione ci sarà) saranno tutti felici della nuova regola perché si vedranno prima o poi capitare addosso una fortuna inaspettata. Questo è un punto importante, che potrà allontanare non un solo certificatore dalla Federazione nazionale se non interverrà contro questa incredibile limitazione alla libertà d’impresa.

Poi c’è un altro punto. Il Consorzio il Biologico è collegato, nella proprietà, al certificatore CCPB: questo non è un segreto per nessuno. Il decreto, passando la versione sinora conosciuta ma non ancora approvata definitivamente, obbligherà il Consorzio il Biologico e il CCPB a modificare il loro rapporto, che fino ad oggi ha funzionato positivamente per entrambi e per le società associate ma che ha sollevato un elemento che si tira sempre fuori in Italia quando si vuole attaccare qualcuno: il conflitto di interessi. Il punto è che una questione che poteva essere discussa e chiarita nell’ambito della Federazione, a tutela di interessi non secondari di entità collegate tra loro ed entrambe affiliate da sempre in FederBio, avrebbe trovato nei vertici di FederBio una chiusura a prescindere (altrimenti l’uscita del Consorzio dalla Federazione non avrebbe spiegazione). Aggiungiamo poi che nel nostro Paese il conflitto di interessi non trova una soluzione accettabile solo per gli ingenui: in Italia per queste cose c’è sempre una soluzione, per cui più che la forma si dovrebbe fare attenzione alla sostanza.

Significativa è la lettera che ci è stata inviata dal presidente di Federbio Paolo Caramella, che in sostanza rifiuta l’accostamento della Federazione a una lobby. ‘FederBio – scrive Carnemolla – non è un soggetto economico e non ha interessi economici, quindi trovo inopportuno definirla una lobby’. La più comune definizione di lobby (o gruppo di pressione) è quella di un ‘gruppo di persone che sono in grado di influenzare a proprio vantaggio l’attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione’.

FederBio non ne sa nulla? Se fosse così sarebbe un grosso limite.

Antonio Felice

direttore di GreenPlanet 

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