Sistema di certificazione e reddito dei produttori biologici e biodinamici sono stati i due temi attorno ai quali si è sviluppata l’Assemblea nazionale di UPBio, Unione Nazionale dei produttori biologici e biodinamici, tenutasi il 10 ottobre a Roma nella Sala Nassiriya del comando dei carabinieri delle Politiche agricole e alimentari.
Considerata la continua crescita che da diversi anni caratterizza il mercato dei prodotti bio, sia in Italia che in Europa, si presenta sempre più urgente, infatti, una valutazione dell’attuale sistema di certificazione per offrire ai consumatori una risposta sempre più concreta alla necessità che li avvicina e li fidelizza al biologico. Il workshop ‘Bio, la certificazione che vorrei’ ha messo in evidenza la necessità di un sistema più flessibile e meglio organizzato, che tuteli l’intero comparto e che tuttavia non gravi esclusivamente sui produttori.
‘Riteniamo che sia giunto il momento di una rifondazione della certificazione bio – ha sottolineato Michele Monetta, vice presidente di UPbio -. Le difficoltà di collaborazione tra autorità competenti pubbliche, organismi di accreditamento e organismi di certificazione generano confusione e rendono poco affidabile e trasparente il sistema in particolare per lo scambio di informazioni. Inoltre l’eccessiva burocratizzazione mette in ginocchio i produttori, soprattutto i piccoli, costretti spesso ad uscire dal sistema, come dimostrano le ultime statistiche. Considerata la situazione, UPBio ritiene necessario pensare ad un ente unico, che certifichi tutti imparzialmente in egual modo con gli stessi standard ed agli stessi costi per tutti. Meglio ancora se pubblico o almeno a partecipazione pubblica con compiti al ministero dell’Agricoltura e alle Regioni almeno nella formazione dei tecnici controllori’.
Proprio per l’importanza e la portata del progetto, che potrebbe richiedere molto tempo in termini di applicazione, i produttori UPBio avanzano richieste di breve periodo. Al ministero i produttori chiedono: analisi tecniche-economiche sull’efficienza del sistema di certificazione, in particolare, una idonea griglia di indicatori per valutare l’efficacia del sistema di controllo attraverso le informazioni che gli organismi di controllo consegnano alle Autorità competenti pubbliche; una gestione informatica univoca che non generi un appesantimento burocratico e un notevole incremento dei costi per l’intero sistema produttivo; e in ambito internazionale una garanzia sulla condivisione di regole comuni.
‘Vi è mancanza di reciprocità o bilateralità del principio di equivalenza soprattutto a favore di quelle importazioni da Paesi Terzi di prodotti non conformi agli standard EU – ha spiegato Monetta -. Non possiamo continuare ad assistere a massicce importazioni da Paesi emergenti dove non valgono le stesse regole igieniche, sanitarie, di sicurezza e mancato sfruttamento del lavoro che valgono in Italia’.
Richieste immediate anche agli Organismi di controllo e di certificazione: la diminuzione dei controlli burocratico-amministrativo a favore di quelli storici-agronomici; tecnici controllori non precari, e forse anche mal pagati in diverse situazioni; individuazione di chiare modalità di retribuzione all’ispettore.
Oltre al tema certificazione la crescita del comparto del bio impone una riflessione sul reddito dei produttori, fatta durante il workshop pomeridiano ‘Bio, la commercializzazione che vorrei’.
‘I prezzi alla produzione per i produttori biologici italiani sono in continua diminuzione, salvo che nelle situazioni in cui la filiera è chiusa direttamente dal produttore, cioè nella vendita diretta, per lo più in azienda o al mercatino,’ ha commentato Ignazio Cirronis, presidente di UPBio. ‘La presenza organizzata dei produttori attraverso le Organizzazioni di produttori mitiga un po’ il problema. La nostra proposta a tutela del reddito dei produttori è una Rete di 20 punti vendita nei capoluoghi regionali gestita dalle organizzazioni regionali di produttori biologici e che si rivolgono direttamente agli acquirenti presenti sul territorio, quindi famiglie, gruppi di acquisto, mense collettive, le stesse aziende di vendita diretta che vogliono ampliare la gamma di prodotti in vendita, per esempio. Il nostro progetto prevede un sistema di vendita nuovo, a metà strada tra vendita all’ingrosso e vendita al minuto. Un sistema di vendita che vuole superare i limiti di entrambi questi sistemi, della vendita all’ingrosso teme i bassi prezzi realizzati alla produzione e della vendita al minuto detesta le basse quantità di vendita’.
Il progetto UPBio della rete di punti vendita prevede la messa in vendita di una gamma di prodotti costituita per il 50% da prodotti biologici regionali e per l’altro 50% da prodotti biologici scelti tra le eccellenze biologiche delle altre regioni italiane.
‘La rete non è e non vuole essere, nel modo più assoluto, un modello che fa concorrenza ai distributori specializzati bio e/o ai negozi da essi serviti. – ha continuato Cirronis -. Si rivolge a target diversi e vuole operare con finalità e modalità differenti sia nei confronti dei distributori che dei singoli negozi specializzati’. Il punto vendita è un ‘prolungamento delle aziende agricole biologiche associate alle OP’ e quindi prevede l’offerta di prodotti delle aziende agricole-alimentari associate alle OP appartenenti alla rete: prodotti freschi, trasformati, ortofrutta, vini, olio, latticini, per citarne alcuni’.
‘Se realizzato, il progetto UPBio di rete dei punti vendita permetterà di raddoppiare l’attuale volume di produzione commercializzata direttamente dai produttori tramite le loro Organizzazioni’, ha concluso Cirronis.