L’Unione Africana (UA) ha annunciato che il 21 marzo 44 Paesi del continente hanno siglato a Kigali, capitale del Ruanda, un accordo per creare tra loro una Zona di libero scambio, che prevede, oltre all’abolizione delle frontiere doganali, un generale miglioramento delle infrastrutture. Può essere la chiave di volta per lo sviluppo dell’Africa, il continente oggi più sottosviluppato e con una percentuale impressionante di poveri rispetto alla popolazione totale: oltre il 30% pari a non meno di 420 milioni di individui.
Inoltre, una vasta area è interessante da una siccità di dimensioni catastrofiche che penalizza l’agricoltura, taglia le riserve di cibo e fa diventare endemica, in vaste zone tagliate fuori dal resto del mondo, la disoccupazione e con essa la necessità di andare ad infoltire la massa degli emigranti. Nonostante ciò, oggi solo il 16% degli scambi di materie prime avviene tra Paesi africani, i quali commerciano due volte di più con l’Occidente che all’interno dei loro confini.
L’obiettivo dei 44 Paesi è di far entrare in vigore l’intesa per la fine di quest’anno, accelerando così anche la creazione di un’unione doganale in un’area di libero scambio continentale per 1,2 miliardi di persone. Ciò dovrebbe contribuire alla riduzione della povertà.
Ora sarà necessario verificare quanti parlamenti nazionali ratificheranno l’accordo. Non sarà facile e scontato in tutti i 44 Paesi. Grande assente dallo storico evento è stata la Nigeria, il Paese più popoloso del continente e tra i tre più ricchi (una ricchezza concentrata nelle mani di pochi, con una miseria della popolazione comune impressionante). Il presidente Muhammadu Buhari ha cancellato il suo viaggio in Ruanda sulla scia dell’opposizione al progetto espressa da ambienti sindacali e imprenditoriali. Il governo di Abuja, la capitale nigeriana, ha deciso di non aderire subito per avere più tempo per portare avanti consultazioni nazionali. Non hanno firmato l’atto di nascita della zona di libero scambio commerciale neanche l’Eritrea, il Burundi, la Namibia e la Sierra Leone.