Il biologico è stato uno degli strumenti di politica agraria, fra i più efficaci, nel coniugare agricoltura ed ambiente. A partire dal 2019 ha fatto parte del pacchetto Farm to Fork, con l’obiettivo, difficilmente raggiungibile, del 25% di SAU bio al 2030, ed è entrato di diritto nel progetto più vasto del Green Deal teso a trasformare, entro il 2050, il nostro continente in un’economia neutrale sul piano climatico e molto più efficiente e moderno in termini di uso delle risorse. Gli obiettivi più significativi consistono nel ridurre entro il 2030 del 55% le emissioni nette di gas serra, rispetto al 1990, per abbatterle completamente entro il 2050; in questo contesto vi è un piano di transizione energetica grazie a fonti energetiche e modelli produttivi meno impattanti, un piano per il rafforzamento della biodiversità, l’impianto di almeno 3 miliardi di alberi, una strategia per l’uso sostenibile della chimica ed un progetto alimentare Farm to Fork volto a garantire materie prime agricole ed alimenti in quantità e qualità adeguati all’economia europea. Gli obiettivi fondamentali non si sono mai distaccati dalla crescita e dalla competitività dell’UE, in particolare post-Covid, e la sostenibilità ne è divenuta al contempo strumento ed obiettivo. Del resto gli elementi generati dal cambiamento climatico li tocchiamo con mano ogni giorno, in particolare per chi lavora nel settore agricolo, ed è fondamentale trasformarli da fattori di rischio a fattori competitivi.
Nell’ultimo anno, e soprattutto negli ultimi mesi, stiamo assistendo a continui attacchi e proposte di vera e propria deregulation, piuttosto che di semplificazione, che mettono in dubbio non solo il raggiungimento di alcuni obiettivi del Green Deal ma l’intero progetto. Attacchi che provengono da alcune forze politiche ed alcuni Paesi membri, in particolare il nostro, che da sempre hanno bollato il progetto di ideologismo e ne hanno fatto uno strumento di lotta politica. Rimanendo in ambito agroalimentare, il progetto di Vision presentato dal Commissario all’agricoltura “sposa” obiettivi eminentemente produttivistici tralasciando di fatto aspetti essenziali sulla sostenibilità delle produzioni; il progetto di regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari si è perso e viene a mancare uno strumento di gestione che avrebbe dovuto aggiornare ormai la vecchia direttiva ancora in vigore; i pacchetti omnibus propongono una tale semplificazione in materia di salvaguardia e rendicontazione delle azioni sostenibili che è difficile comprenderne il perimetro di applicazione e la reale efficacia; è stato chiesto dal Consiglio Europeo (Paesi membri) e da parte del Parlamento UE di ritirare la direttiva sui green claims che sarebbe stata efficace nel porre limiti a facili e spesso non veritieri claims ambientali di prodotti che così concorrono slealmente con il biologico. Scelte queste che, unitamente a molte altre in altri settori produttivi, vengono giustificate “sull’altare” della semplificazione per rendere l’UE più competitiva. E’ esattamente l’opposto, in questo modo infatti si torna all’orgia fossile o al “drill baby drill “di stampo Trumpiana il cui scopo principale consiste nel ridurre la competitività internazionale del nostro continente e di tenerci ancorati ad un’economia, quella USA, che di fatto produce ed esporta quasi esclusivamente nei servizi IT e militari, ma per il resto non produce più nulla.
Cosa c’entra il biologico con tutto questo? Il biologico è parte integrante del Green Deal. Disinvestire nella transizione verde, sottovalutare gli effetti del cambiamento climatico, affermare con scelte politiche che la difesa del nostro Pianeta genera burocrazia e riduce la competitività non incentiva le best practices produttive e le buone abitudini di consumo, diseduca il consumatore a fare scelte di consumo consapevoli e porta indietro le lancette dell’orologio ad un mondo che non esiste più ed è sull’orlo climatico del non ritorno. Il biologico è parte di questi consumi consapevoli, attenti alla sostenibilità ed alla difesa dell’ambiente. Non si possono picconare quotidianamente le scelte politiche costituenti il Green Deal e nello stesso tempo proclamare la necessità di favorire l’agricoltura biologica ed il consumo dei prodotti che ne derivano; non è coerente e non è tanto una questione ideologica ma piuttosto di sano pragmatismo perché abbiamo bisogno di riorientare la nostra produzione verso sistemi in grado di rigenerare le risorse naturali di base quali il terreno, l’acqua e l’ aria. Non è un caso se il 40% della produzione biologica italiana viene esportata, significa infatti che questo è quanto ci chiedono i consumatori a livello mondiale e non solo italiano. Impegniamoci a fare del nostro spazio economico europeo uno spazio sostenibile, in grado di contrastare e mitigare il cambiamento climatico offrendo prodotti e servizi che sono il frutto di processi intelligenti, ovvero in grado di produrre più risorse di quante ne vengono immesse nel processo produttivo, grazie anche ad una rinnovata collaborazione con il mondo scientifico e ad un atteggiamento del biologico un po’ più costruttivo e coraggioso. Le associazioni dei produttori chiedano con forza alla politica un impegno globale più coerente verso l’ambiente e le politiche del Green Deal oltre che un complesso burocratico più efficiente e non siano accondiscendenti a soluzioni di piccolo, “facile” ed inutile cabotaggio quali a titolo di esempio il marchietto del bio italiano che, questo sì, apporterà più burocrazia e null’altro.
Fabrizio Piva
Sostenibilità a parole e deregolamentazione nei fatti, la coerenza che manca in UE
Condividi su:
Il biologico è stato uno degli strumenti di politica agraria, fra i più efficaci, nel coniugare agricoltura ed ambiente. A partire dal 2019 ha fatto parte del pacchetto Farm to Fork, con l’obiettivo, difficilmente raggiungibile, del 25% di SAU bio al 2030, ed è entrato di diritto nel progetto più vasto del Green Deal teso a trasformare, entro il 2050, il nostro continente in un’economia neutrale sul piano climatico e molto più efficiente e moderno in termini di uso delle risorse. Gli obiettivi più significativi consistono nel ridurre entro il 2030 del 55% le emissioni nette di gas serra, rispetto al 1990, per abbatterle completamente entro il 2050; in questo contesto vi è un piano di transizione energetica grazie a fonti energetiche e modelli produttivi meno impattanti, un piano per il rafforzamento della biodiversità, l’impianto di almeno 3 miliardi di alberi, una strategia per l’uso sostenibile della chimica ed un progetto alimentare Farm to Fork volto a garantire materie prime agricole ed alimenti in quantità e qualità adeguati all’economia europea. Gli obiettivi fondamentali non si sono mai distaccati dalla crescita e dalla competitività dell’UE, in particolare post-Covid, e la sostenibilità ne è divenuta al contempo strumento ed obiettivo. Del resto gli elementi generati dal cambiamento climatico li tocchiamo con mano ogni giorno, in particolare per chi lavora nel settore agricolo, ed è fondamentale trasformarli da fattori di rischio a fattori competitivi.
Nell’ultimo anno, e soprattutto negli ultimi mesi, stiamo assistendo a continui attacchi e proposte di vera e propria deregulation, piuttosto che di semplificazione, che mettono in dubbio non solo il raggiungimento di alcuni obiettivi del Green Deal ma l’intero progetto. Attacchi che provengono da alcune forze politiche ed alcuni Paesi membri, in particolare il nostro, che da sempre hanno bollato il progetto di ideologismo e ne hanno fatto uno strumento di lotta politica. Rimanendo in ambito agroalimentare, il progetto di Vision presentato dal Commissario all’agricoltura “sposa” obiettivi eminentemente produttivistici tralasciando di fatto aspetti essenziali sulla sostenibilità delle produzioni; il progetto di regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari si è perso e viene a mancare uno strumento di gestione che avrebbe dovuto aggiornare ormai la vecchia direttiva ancora in vigore; i pacchetti omnibus propongono una tale semplificazione in materia di salvaguardia e rendicontazione delle azioni sostenibili che è difficile comprenderne il perimetro di applicazione e la reale efficacia; è stato chiesto dal Consiglio Europeo (Paesi membri) e da parte del Parlamento UE di ritirare la direttiva sui green claims che sarebbe stata efficace nel porre limiti a facili e spesso non veritieri claims ambientali di prodotti che così concorrono slealmente con il biologico. Scelte queste che, unitamente a molte altre in altri settori produttivi, vengono giustificate “sull’altare” della semplificazione per rendere l’UE più competitiva. E’ esattamente l’opposto, in questo modo infatti si torna all’orgia fossile o al “drill baby drill “di stampo Trumpiana il cui scopo principale consiste nel ridurre la competitività internazionale del nostro continente e di tenerci ancorati ad un’economia, quella USA, che di fatto produce ed esporta quasi esclusivamente nei servizi IT e militari, ma per il resto non produce più nulla.
Cosa c’entra il biologico con tutto questo? Il biologico è parte integrante del Green Deal. Disinvestire nella transizione verde, sottovalutare gli effetti del cambiamento climatico, affermare con scelte politiche che la difesa del nostro Pianeta genera burocrazia e riduce la competitività non incentiva le best practices produttive e le buone abitudini di consumo, diseduca il consumatore a fare scelte di consumo consapevoli e porta indietro le lancette dell’orologio ad un mondo che non esiste più ed è sull’orlo climatico del non ritorno. Il biologico è parte di questi consumi consapevoli, attenti alla sostenibilità ed alla difesa dell’ambiente. Non si possono picconare quotidianamente le scelte politiche costituenti il Green Deal e nello stesso tempo proclamare la necessità di favorire l’agricoltura biologica ed il consumo dei prodotti che ne derivano; non è coerente e non è tanto una questione ideologica ma piuttosto di sano pragmatismo perché abbiamo bisogno di riorientare la nostra produzione verso sistemi in grado di rigenerare le risorse naturali di base quali il terreno, l’acqua e l’ aria. Non è un caso se il 40% della produzione biologica italiana viene esportata, significa infatti che questo è quanto ci chiedono i consumatori a livello mondiale e non solo italiano. Impegniamoci a fare del nostro spazio economico europeo uno spazio sostenibile, in grado di contrastare e mitigare il cambiamento climatico offrendo prodotti e servizi che sono il frutto di processi intelligenti, ovvero in grado di produrre più risorse di quante ne vengono immesse nel processo produttivo, grazie anche ad una rinnovata collaborazione con il mondo scientifico e ad un atteggiamento del biologico un po’ più costruttivo e coraggioso. Le associazioni dei produttori chiedano con forza alla politica un impegno globale più coerente verso l’ambiente e le politiche del Green Deal oltre che un complesso burocratico più efficiente e non siano accondiscendenti a soluzioni di piccolo, “facile” ed inutile cabotaggio quali a titolo di esempio il marchietto del bio italiano che, questo sì, apporterà più burocrazia e null’altro.
Fabrizio Piva
Notizie da GreenPlanet
Brio, al via la campagna di mele bio 2020
Vita low-cost anche a tavola
Ortofrutta bio, nel 2021 l’incidenza sale al 9,3%
news correlate
Le associazioni del Bio non cadano nella trappola: necessario mantenere un carattere distintivo
Lo scorso 14 maggio la Commissione UE ha proposto una serie di semplificazioni in vista della nuova programmazione PAC post 2027 di cui abbiamo dato
Biologico, una crescita spinta dal basso, frenata dall’alto. I nuovi dati NielsenIQ
Nell’assemblea congiunta di Assobio e Consorzio il Biologico, tenutasi lo scorso 27 maggio 2025, Nicola De Carne di NielsenIQ ha presentato un aggiornamento sul mercato
Il Bio ha da tempo perso il ruolo guida nel campo della sostenibilità
Abbiamo ritenuto opportuno prenderci qualche giorno di riflessione in merito a quanto emerso dalla ricerca di SWG, avente ad oggetto le percezioni e la propensione
Bio dove sei?
Spesso abbiamo imputato al biologico di essere poco audace, poco coraggioso, di non essersi proposto con un linguaggio nuovo ed in linea con i tempi