L’aumento della fame nel mondo avviene nonostante si sia verificato un drastico calo dei prezzi dei prodotti agricoli che nel 2016 sono scesi al minimo dell’ultimo quinquennio per le principali materie prime ricomprese nell’Indice Fao. E’ quanto si ricava dal rapporto ‘The State of Food Security and Nutrition in the World 2017’ a cura delle agenzie delle Nazioni Unite FAO, IFAD e WFP. Nel 2016 la fame tocca 38 milioni di persone in più del 2015.
Milioni di contadini in vari Paesi sono in grave difficoltà a causa della grande volatilità dei prezzi delle materie prime agricole, che impedisce la programmazione e la sicurezza degli approvvigionamenti. Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione, quelli al consumo rimangono alti con conseguenti difficoltà per i più poveri. Così l’insicurezza alimentare resta a livelli inaccettabili ed è una delle cause principali dei movimenti migratori in atto. Più che dalle guerre, infatti, gli emigranti cercano di fuggire dalla povertà che, in alcuni casi, è estrema, anche in Paesi molto popolosi come per esempio la Nigeria, il cui prodotto interno lordo è abbastanza buono ma la cui ricchezza pro-capite è a livelli da indigenza. L’11% della popolazione mondiale soffre la fame secondo la FAO. Nello stesso tempo si assiste al paradosso della crescita dell’obesità nella popolazione dei Paesi più ricchi: negli Stati Uniti è a livelli allarmanti.
Risulta che l’emergenza alimentare non si risolve con i prezzi bassi all’origine perché i produttori in questa condizione entrano in grave difficoltà, non consentendo all’agricoltura di sopravvivere con conseguenze dirette sull’alimentazione della popolazione dei territori interessati al fenomeno. Servirebbe investire nell’agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali con la valorizzazione delle identità territoriali per sfuggire all’omologazione che deprime i prezzi e aumenta la dipendenza dall’estero.