IL SUCCESSO DI MARCA E IL POTERE DELLA GDO

Fabrizio Piva

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Marca e biologico. La scorsa settimana la Fiera Marca, giunta alla sua ventesima edizione, ha superato ogni aspettativa; è stato un successo di espositori, oltre 1.100, e di visitatori, all’incirca 20.000, e per chi vi ha partecipato, come il sottoscritto, nessun dubbio a confermare quanto riportato nei comunicati stampa di Bologna Fiere.

Il successo di questa fiera è ovviamente il riflesso del successo che la marca del distributore continua “a mietere” nel canale della distribuzione organizzata. Secondo gli ultimi dati la marca del distributore ha toccato il 29,9% del totale delle vendite ed è ancora inferiore alla media europea. E per il biologico? La quota supera addirittura il 47% del totale delle vendite del comparto; ciò significa che quasi un prodotto biologico su due venduti nella distribuzione moderna è a marchio del distributore. La marca del distributore cresce, 2023 su 2022, in valore ma cala in volume esattamente come nel mercato biologico nel suo complesso e l’incidenza dei consumi bio sul totale dei consumi alimentari si mantiene intorno al 3,6-3,7%.

Una quota che, decimale in più o in meno, ci accompagna da oltre un decennio. Tra gli altri mercati europei che hanno una discreta incidenza e rappresentano mercati di destinazione dei nostri prodotti biologici, quali Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, i volumi 2023/22 crescono solo in Germania.
Questi pochi dati pongono alcuni interrogativi sul potere contrattuale che il settore distributivo esprime nell’ambito della filiera agroalimentare, ancor più nel comparto del biologico, e sul ruolo che può rivestire nell’orientamento e nell’aumento dei consumi.

È necessario che il biologico, e soprattutto le associazioni dei suoi operatori, instauri con la distribuzione un rapporto più equilibrato secondo una logica di partnership, nonostante questi prodotti vengano progettati e “guidati” dal settore distributivo. Questi non può dimenticare che il successo della MDD risiede anche negli investimenti fatti dal settore produttivo negli ultimi decenni e spesso è il frutto della migliore tradizione manifatturiera del nostro settore agroalimentare nazionale; questo è al contempo un valore ed un costo. Il settore biologico deve saper trasferire anche nei prodotti MDD il peso ed il ruolo che la filiera a monte della distribuzione esprime in un prodotto particolare quale un prodotto biologico, che deve continuare ad essere l’avamposto della sostenibilità.

Sempre a Marca, nelle vetrine dei nuovi prodotti, non è stato incoraggiante notare che i prodotti alimentari biologici nuovi erano di fatto inferiori alle dita di una mano a fronte di oltre un centinaio di nuovi prodotti/categorie di prodotto. Questo risultato è molto rischioso nel momento in cui la MDD rappresenta quasi il 50% delle vendite. Non è questa la direzione per aumentare l’incidenza dei consumi.

Da parte sua il biologico deve mantenere la propria immagine di “freschezza”, sia giovane, aperto all’innovazione, alla scienza e sempre meno prigioniero di tanti “no” dettati da una facile lettura del principio di precauzione, pur nella salvaguardia dei propri principi costitutivi che guardano alla salute dell’ambiente e delle sue creature, noi compresi.

Fabrizio Piva

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