Il biologico non è ideologia ma un ideale

Piva

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L’agenda ambientale e tutte le sue sfaccettature di tipo economico e sociale è ineludibile perché il Pianeta non la può eludere. Il riscaldamento globale, l’aumento progressivo della CO2 in atmosfera – arrivata a 420 ppm quando solo nel 1960 non raggiungeva le 320 ppm –, l’innalzamento del livello dei mari, l’aumentata frequenza dei fenomeni climatici estremi con l’alternanza di lunghi periodi siccitosi a vere e proprie alluvioni mettono a rischio la sopravvivenza di molte specie e l’economicità di molti processi produttivi fra cui in primis l’attività agricola, ed in ultima istanza anche la nostra sopravvivenza.
Per questo motivo è incomprensibile che le scelte dell’UE, il programma Next Generation UE con all’interno il Green Deal, siano state bollate come ideologiche e strumentalmente, in particolare in Italia, siano diventate l’obiettivo delle manifestazioni dei pochi agricoltori scesi in piazza, e delle tante loro associazioni, e di alcuni slogan in occasione delle recenti elezioni europee. Se vi è un settore che per primo ha già iniziato a sopportare le conseguenze negative del cambiamento climatico è quello agricolo, basti considerare la riduzione delle rese ed i danni sopportati in questi ultimi anni a seguito delle innumerevoli bizzarrie climatiche. 
I termini sono importanti e le scelte dell’UE non sono per nulla ideologiche ma eventualmente sono ideali. Il Green Deal e le scelte sottese in materia di produzione biologica non sono un complesso di idee astratte senza riscontro nella realtà o mistificatorie o propagandistiche, ma piuttosto una serie di scelte pratiche che da oltre un trentennio hanno fatto dell’UE una delle principali aree di produzione sostenibile e l’hanno posta nelle condizioni di competere con le altre aree mondiali diventandone esportatrice netta. Essere “apripista” a livello mondiale ed arrivare prima di altri significa occupare spazi commerciali e migliorare il proprio export in un’area produttiva che consente di migliorare le condizioni di vivibilità nel mondo. Sul piano etimologico questa aspirazione può essere considerata un ideale ovvero la tensione ad avvicinarsi a qualcosa che è lodevole ed è migliore dell’attuale, ma non certo un’ideologia, ovvero un complesso di idee fini a se stesse, prive di un riscontro pratico e che non lasciano spazio ad altre posizioni.
La sostenibilità non è un’ideologia ma un insieme di prassi e pratiche concrete che incidono sui nostri comportamenti quotidiani: il riutilizzo delle acque reflue, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, la produzione di energia rinnovabile, la gestione dei reflui zootecnici, l’uso consapevole di acqua ed energia, la rigenerazione delle risorse naturali sono parte dell’economia circolare che ci vede al contempo attori e destinatari.
In quest’ambito l’agricoltura ha fatto notevoli progressi in materia di sostenibilità ed il biologico ne ha rappresentato la frontiera più avanzata grazie anche ad una normativa comunitaria che nel 1991 è stata di esempio per tutte le altre aree geo-economiche che ancora non avevano legiferato. Se allora il contesto socio-culturale fosse quello di oggi, saremmo stati superati da queste altre aree perché il mercato bio di fatto non esisteva ed invece abbiamo contribuito a definire un “ideale” perseguibile dovunque nel Pianeta. Anche allora, anche in modo più pressante di oggi, ci si chiedeva come affrontare gli innumerevoli problemi causati dalla mancanza di esperienza, ricerca, mezzi tecnici idonei ma “abbiamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo e siamo andati a prendercelo”. Ancor più oggi una nuova agricoltura e una rinnovata bio-economia sono possibili; disponiamo di più conoscenze, abbiamo più mezzi tecnici, più esperienze, possiamo utilizzare tecnologie genetiche e informatiche meno invasive ma più efficaci anche nel biologico ed abbiamo una grande necessità: mitigare il cambiamento climatico prima che sia troppo tardi. Perseguire la sostenibilità delle nostre azioni quotidiane è un “buon affare” per tutti, anche per quelli che oggi pensano, sbagliando, di esserne i detrattori e di poter continuare come se il problema non esistesse. Non va bene green deal? Cambiamogli nome ma la sostanza non cambierà, non vi sono alternative.
Questa non è ideologia, è piuttosto un ideale fatto di scelte quotidiane concrete. 
Fabrizio Piva

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