Giornata CIA in Expo: sotto accusa l’inefficienza della rete idrica

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Tra trent’anni metà della popolazione mondiale vivrà in situazioni di carenza idrica e già oggi si stima che 3 miliardi di persone siano prive d’acqua. Più e più volte sono stati messi sul banco degli imputati l’agricoltura e la zootecnia in particolare. Sarebbero queste le attività umane che più sprecano acqua. Non è vero e per questo la CIA, nella sua seconda giornata all’Expo, ha posto al centro delle sue riflessioni e delle sue proposte la questione acqua nel convegno ‘Acqua e Agricoltura’.

I lavori sono stati aperti dalla relazione del vicepresidente nazionale della CIA Alessandro Mastrocinque: ‘Oggi si parla molto di impronta idrica – ha detto – per indicare l’acqua utilizzata nell’intero processo produttivo di qualsiasi bene prodotto dall’uomo. Si tratta di un indicatore efficace nella comunicazione, ma non sufficiente. Occorre distinguere sempre le diverse tipologie di uso dell’acqua e non possiamo sempre confondere il concetto di uso con quello di consumo. Una cosa è l’acqua che entra nei processi industriali, altra cosa è quella che adoperiamo per usi domestici, altra cosa ancora quella che utilizziamo in agricoltura.

L’acqua irrigua è indispensabile all’agricoltura ed è connaturata con la sua storia. La nascita dell’agricoltura e l’uso di tecniche di regimazione e irrigazione sono strettamente legate – ha spiegato ancora – ma l’acqua che utilizziamo nell’irrigazione viene in massima parte restituita al territorio e continua ad alimentare la falda.

Certo dobbiamo risparmiare acqua a tutti i livelli, anche in agricoltura ma attenzione ai cambiamenti climatici e allo sviluppo industriale e alla globalizzazione che accrescono i problemi dell’inquinamento idrico, cioè la contaminazione dei mari, delle acque interne superficiali e di falda, sia per l’assente o carente depurazione delle acque ad uso civile, sia per i reflui soprattutto delle attività industriali, ma anche agricole’.

Va ripristinata la distinzione tra uso, consumo e spreco d’acqua. L’agricoltura per sua natura usa l’acqua, ma gli sprechi sono limitati. Ben diverso è l’impatto idrico dell’industria manifatturiera e la dispersione d’acqua che si produce attraverso l’inefficienza dei sistemi di distribuzione e captazione. Un po’ di cifre chiariscono meglio, osserva la CIA: in cinquant’anni (1950-2000) i consumi d’acqua sulla terra sono raddoppiati.

Vi sono delle disparità enormi di consumo. Negli Usa si usano 380 litri di acqua pro capite al giorno, in Africa la media è di 50 litri. L’Italia che è uno dei paesi più ricchi d’acqua d’Europa: ha a disposizione 220 litri di acqua pro capite al dì contro i 150 litri della Francia. In Italia si consumano all’incirca 165 litri d’acqua pro capite. Ma per produrre ne usiamo 132 miliardi di metri cubi l’anno, 6.309 litri al giorno. Siamo il terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo (62 miliardi di metri cubi l’anno), dopo Giappone e Messico e prima di Germania e Regno Unito.

C’è acqua e acqua – L’acqua verde, cioè la pioggia contenuta nel suolo e nelle piante (69% del totale, assorbita dall’agricoltura); l’acqua grigia, quella utilizzata per diluire l’inquinamento (22%); l’acqua blu: laghi, fiumi, falde sotterranee (9%). I modelli economici impattano drasticamente sui consumi di acqua. Si stima che l’86% d’acqua in Italia venga usata per produrre cibo.

Ma un conto è seguire la dieta mediterranea e coltivare bio, un conto è importare modelli alimentari e produzioni non sostenibili. L’Italia ha bisogno da questo punto di vista, secondo la CIA, di una profonda correzione di rotta visto che l’impronta idrica del Belpaese è del 66% più alta della media mondiale (1.385 metri cubi pro capite l’anno). E tra le principali economie non europee, l’Italia si colloca al vertice dei consumi pro capite, dopo Stati Uniti, Canada e Australia. Ma sotto accusa è anche l’inefficienza della rete idrica: circa un terzo dell’acqua dolce italiana viene dispersa a causa della situazione della rete distributiva.

Responsabilità pesano anche sui Consorzi di Bonifica – è stato sottolineato al convegno – che dovrebbero migliorare nettamente la manutenzione degli impianti consortili, specie al Sud, evitando così sprechi che, in alcune situazioni, sono davvero enormi, come denunciato da Riccardo D’Andria, direttore dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del CNR.

Per Marcello Mastrorilli, direttore unità di ricerca SCA-CRA, l’agro-ecologia sarà la scienza del futuro. Il ricercatore ha sottolineato come l’agricoltura non consumi l’acqua ma la usi trasformandola in cibo. E ha aggiunto: ‘Abbiamo provato che se l’aria è inquinata la capacità dell’acqua di trasformarsi in prodotto agricolo e quindi in cibo cala sensibilmente’.

Il modello di agricoltura multifunzionale proposto dalla CIA, orientato a coltivazioni biologiche e a tutela della biodiversità e dunque della specificità agricola, è il miglior contributo che l’agricoltura può dare alla ‘questione idrica’. Coltivare bio significa non inquinare e dunque restituire tutta l’acqua irrigua alla falda in modo da renderla di nuovo disponibile.

 

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