Il biologico e le colture sostenibili stanno offrendo delle risposte all’agricoltura convenzionale in questo periodo di difficoltà di approvvigionamento di materie prime, fra cui anche i concimi azotati i cui principali fornitori mondiali sono proprio i due Paesi coinvolti nel conflitto russo-ucraino. Intanto Coldiretti Bio spinge per inserire i mercati di vendita diretta tra le categorie distributive monitorate dalle statistiche ISMEA.
Ne parliamo con Francesco Giardina, direttore Coldiretti Bio, che abbiamo incontrato al SANA, il Salone bolognese del biologico e del naturale, a margine del convegno organizzato da Coldiretti, dal titolo ‘Biologico italiano in Europa: risposte alle nuove sfide del mercato’.
– Quali sono i principali spunti in questo dibattito?
“Abbiamo verificato che da un punto di vista produttivo, il biologico in questo momento sta dando delle risposte alle sfide che abbiamo di fronte. Ad esempio, quelle di carattere energetico, prima di tutto, con la riduzione dell’utilizzo dei concimi chimici di sintesi che stanno diventando uno dei problemi principali perché creano dipendenza dalle aree della guerra e quindi speculazioni sui prezzi. Stiamo assistendo ad un aumento dei concimi azotati del 170%. Questo ha messo in ginocchio moltissime aziende convenzionali. Su questo punto, il biologico offre delle risposte con i propri concimi organici, con il ciclo chiuso delle aziende che fanno economia circolare, ecc”.
– La produzione italiana e/o europea di concimi organici, è in grado di soddisfare il fabbisogno della produzione nazionale biologica attuale e potenziale?
“I dati che abbiamo verificato dimostrano che c’è sicuramente un incremento notevolissimo della produzione di concimi organici. Rispetto agli ultimi dati ISTAT, siamo al 15% sul totale ma è un dato che sta aumentando moltissimo. È chiaro che cresce in parallelo alla crescita delle superfici biologiche. Il momento, però è critico. L’inflazione cresce, i consumatori hanno risorse sempre minori da spendere dacché è emerso un dato della domanda interna di bio che è praticamente in stagnazione”.
– Come va letto questo dato?
“Dopo gli anni della pandemia dove c’è stato un boom, soprattutto per il bio, in cui si cucinava di più in casa, ultimamente si registra un arresto della corsa al biologico. Questo dato è stato sottolineato con particolare criticità che corrisponde alla richiesta di ridurre il prezzo del prodotto certificato.
– Ci sono i margini per farlo?
“Questa è la vera sfida del futuro”.
– Ma i margini ci sono o non ci sono?
“Il problema è trovarli senza però perdere la qualità del prodotto. Perché se noi chiediamo agli agricoltori di ridurre ulteriormente i costi, si possono migliorare delle questioni, la logistica, l’economia di scala ecc. ma bisogna evitare che una riduzione di prezzo comporti una compressione della redditività dell’agricoltore. Il rischio è che l’Italia, che comunque ha una prodotto di qualità e di valore elevato, diventi fuori mercato perché si preferiscono prodotti meno costosi, sì, ma provenienti da mercati con regole più basse e qualità minore”.
– In questa fase di transizione ecologica, l’Italia si colloca, di default, come grande produttore, grande esportatore con crescita importante dell’export, oltre che grande produttore di know-how e di tecnologie. Il punto di debolezza che deve essere rafforzato, anche per rendere il bio autonomo dalle sovvenzioni, è la domanda interna. Su questo ci sono delle strategie specifiche individuate da Coldiretti Bio?
“Stiamo rafforzando il rapporto con Campagna Amica che è una realtà fortissima, che spesso non viene neanche considerata nelle statistiche ufficiali perché la vendita diretta è un canale poco monitorato ma che sta dando, anche dal punto di vista di fatturato complessivo, cifre importanti. Stiamo insistendo con ISMEA per potere avere una rilevazione specifica sulla vendita diretta e riuscire ad avere un dato specifico anche su questi dati”.
– Come Coldiretti, avete dei numeri interni anche in relazione al suo ruolo nella distribuzione del bio?
“Su questo, al convegno, Carmelo Troccoli, direttore di Campagna Amica, ha sottoposto delle riflessioni molto interessanti affermando che oggi il biologico nei mercati di Campagna Amica non viene particolarmente valorizzato”.
– In che senso?
“Nel senso che i consumatori che vanno in questi mercati hanno una grossissima fiducia soprattutto nel rapporto con il produttore. A loro basta la garanzia data dalla faccia del produttore che sta lì più che la certificazione biologica. Mentre per noi, da un punto di vista ambientale, è importantissimo sapere che quei produttori fanno agricoltura sostenibile”.
– La rete di Campagna Amica potrà mai evolvere verso una struttura più organizzata, ad esempio come quella della distribuzione moderna per supportare e valorizzare al meglio il bio e allo stesso tempo rispondere alle esigenze sia del mondo produttivo che della domanda del consumatore?
“Campagna Amica ha un ruolo che mette al centro gli agricoltori quindi non possiamo snaturare la sua mission che ha come protagonisti i produttori. Però ci si può ragionare”.
– Oggi fertilizzanti chimici mancano sul mercato e, se si trovano, hanno prezzi esagerati. Da quel che è emerso al SANA, questo aspetto sta avvicinando i produttori convenzionali ai trattamenti biologici proprio perché, riducendosi la forbice dei prezzi, conviene usare trattamenti non chimici e quindi più sostenibili. In che modo questo trend può tradursi nell’avvicinamento tra produzioni integrate e produzioni bio?
“Quello che a noi oggi interessa soprattutto, sono le tematiche ambientali e quindi la transizione ecologica e l’agricoltura. Se lo si fa con il bio, e quindi con una certificazione e con le garanzie date dal biologico, va bene ed è utile perché valorizza anche il prodotto. Per il resto, l’agricoltura in generale sta comunque facendo passi importanti verso la transizione con le rotazioni colturali o con l’uso di concimi organici e di sostanze organiche. Noi vogliamo che l’agricoltura faccia i suoi passi in questa direzione. Se lo si fa con il bio o altri tipi di coltivazioni sostenibili, va bene lo stesso”.
– Come ovviare al rallentamento alla transizione ecologica dato da Covid e guerra?
“In realtà sono stati due fattori che hanno riportato l’agricoltura al centro del dibattito politico anche perché nella pandemia, prima, e durante la fase bellica, poi, si è capito che questo settore è imprescindibilmente centrale per l’economia del Paese. Speriamo che con le nuove elezioni, il tema rimanga sempre al centro dell’agenda di governo e su questo si costruisca una politica nazionale adeguata”.
Mariangela Latella
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