FIVI, una impresa su due produce vini in modo biologico

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La scelta della sostenibilità per i piccoli vignaioli di FIVI è “sentita, convinta e mantenuta anche in momenti di difficoltà”. Lo afferma a GreenPlanet Lorenzo Cesconi, vignaiolo e presidente di FIVI-Federazione italiana vignaioli indipendenti, commentando i dati emersi da rapporto “Il modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti per la sostenibilità della filiera vitivinicola italiana” curato da Nomisma e presentato a Palazzo Ripetta Relais a Roma.

Presentazione ricerca Nomisma sul modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti per la sostenibilità della filiera vitivinicola italiana

Che la sostenibilità faccia parte del DNA degli associati Fivi è emerso dai dati presentati da Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor, che ha evidenziato come una impresa Fivi su due produce vini in modo biologico e un 37% è certificato sostenibile (Sqnpi, Viva, Equalitas, Lotta Integrata). Inoltre, negli ultimi due anni il 71% delle aziende intervistate ha realizzato azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale (dall’utilizzo di packaging sostenibile, al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni), mentre un altro 24% lo farà nei prossimi due.

Gli oltre 1.700 produttori associati a FIVI, per una produzione media di 38mila bottiglie annue e un fatturato medio aziendale di 297.000 euro, esprimono risvolti positivi anche a livello sociale considerando che il 30% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% è di origine straniera (rispetto al 19% della media italiana) e il 33% è donna, a fronte del 26% della media dell’agricoltura italiana.

Inoltre – è emerso ancora dal rapporto Nomisma -, i piccoli vignaioli sono essenziali custodi del paesaggio e delle aree interne a rischio spopolamento, considerato che l’81% dei vigneti da loro coltivati si trova in collina e in montagna rispetto al 60% della media italiana.

Dal rapporto Nomisma si evince dunque la piena sostenibilità del modello socio-economico, ma soprattutto ambientale, di questi piccoli vignaioli vocati al bio e con il presidente Fivi Lorenzo Cesconi ci siamo innanzitutto soffermati sulla valenza che ha oggi essere produttori biologici in un contesto climatico e produttivo sempre più sfidante.

– C’è il rischio, presidente, che i vostri viticoltori, di fronte alle tante difficoltà, si scoraggino e lascino la produzione biologica prendendo altre direzioni?

“Il cambiamento climatico mette sicuramente a dura prova la motivazione dei vignaioli indipendenti che hanno scelto la via della produzione biologica ma molto spesso la nostra convinzione va un po’ oltre la soddisfazione economica, ed è la convinzione di produrre vini maggiormente qualitativi ed espressione di un territorio specifico. Quindi, non si mette in discussione il biologico alla prima difficoltà ma si prova tenere duro e si guarda oltre”.

– Il dato di imprese Fivi al 50% biologiche potrebbe salire ancora ?

“Potrebbe crescere, tanto più se è vero che vale la regola del contagio positivo, come lo chiamo io, ovvero il vicino che lavora bene e produce vini di qualità e funge da esempio, spingendo un altro viticoltore a fare le stesse scelte”.

– Una motivazione a farlo potrebbe anche essere il fatto che cresce di anno in anno il consenso di mercato sui vini bio.

“Già, i vini bio riscuotono maggior successo rispetto ai vini convenzionalmente prodotti. E’ chiaro che bisogna fare un ragionamento in base alle differenti zone vitate e denominazioni, perché non tutti hanno le stesse performance di mercato, e il vino è anche un prodotto in difficoltà perché c’è un calo generalizzato dei consumi, ma le etichette bio hanno più appeal delle altre. Non sono gli altri vini i nostri competitor, piuttosto il mondo degli spirits che la sta facendo da padrona nel consumo di alcolici, hanno più fascino sulle nuove generazioni. Sicuramente c’è da lavorare sulla comunicazione per avvicinare i giovani al mondo vino e ai consumi bio in generale”.

– Presidente, dal rapporto Nomisma emerge anche la preoccupazione dei piccoli vignaioli sul fronte della redditività, a fronte di un continuo aumento dei costi produttivi. Cosa fare di fronte a questo campanello di allarme?

Alla politica, in Europa e in Italia, chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro, piccola e media impresa e, soprattutto, una strategia chiara nella politica vitivinicola, che deve essere sempre più orientata alla sostenibilità di produzione, alla qualità e non alla quantità, alla creazione di valore. Speriamo che ora, anche a fronte dei numeri evidenziati dal rapporto, aumenti l’attenzione nei confronti di questo fondamentale segmento della filiera vitivinicola italiana”.

Nella foto di apertura: Lorenzo Cesconi, presidente FIVI-Federazione italiana vignaioli indipendenti

Cristina Latessa

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