Le prime iniziative autunnali per la promozione del biologico, svoltesi tra piazze e palazzi storici, hanno fatto il pieno. Gli organizzatori di questi eventi, il cui livello qualitativo cambia molto tra città e città, molto spesso non si preoccupano affatto di sapere le motivazioni che spingono la gente ad affollare chioschi e intrattenimenti: è una generica curiosità, che scatta per ogni cosa si organizzi, per ogni cosa si venda in un luogo pubblico, o è qualcosa di più? Ovvero, qual è il livello di consapevolezza di coloro che si accostano al biologico attraverso le iniziative di piazza? Consiglieremmo gli organizzatori, almeno quelli delle iniziative più importanti, a impiegare dei rilevatori che distribuiscano e raccolgano questionari sugli atteggiamenti, le motivazioni, le conoscenze del pubblico.
La gente sa che cosa è biologico, che cosa è bio-dinamico, che cosa è equo e solidale? Io credo che la grande maggioranza degli italiani ne sappia poco o nulla e che ancora meno ne sappiano gli italiani di domani, i bambini, bombardati da pubblicità che per il 90% e più, lancia loro messaggi lontani anni luce da ciò che è sano e naturale per la loro alimentazione. Ecco, il punto è questo: occorre un grande piano di informazione-formazione che coinvolga le scuole e arrivi alla società e servono azioni mirate su chi vende il biologico (perché, a parte gli specializzati, si trovano venditori che non sanno cosa vendono e quindi non possono orientare il consumatore verso una scelta consapevole). Chi ha orecchie per sentire faccia qualche cosa: un piano. I finanziatori, nonostante la crisi, si troveranno.
Antonio Felice