In merito al decreto legge recante disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione biologica agricola e agroalimentare biologica, approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 16 giugno, le aziende Acetificio Carandini, Alce Nero Fresco, Alce Nero, Almaverde Bio Ambiente, Almaverde Bio Italia, Apofruit Italia, Agricola Campobasso, Montana Achillea, Basso Fedele & figli, Bioitalia, Biologistic, Brio, Canova, Cantine Riunite, Caseificio Busti, Cleca, Coelsanus Ind. Converve, COF, Conapi, Conor, Conserve Italia, Consorzio Agribologna, Consorzio Bioitalia Alimentare, Consorzio Libera Terra Mediterraneo, G. Bellini, Coppola, De Matteis Agroalimentare, Do.Da.Co., Falco, Fan, Farmo, Fileni, Simar, Finoliva, Fiore di Puglia, Fruttagel, Fruttaweb, Granarolo, Il Mangiarsano, Industria Agroalimentare De Vita, IN’S Mercato, Isalpa, Kodiak Farm, La Cesenate Conserve Alimentari, La Finestra sul Cielo, La Linea Verde, Molino Grassi, Molino Sima, Montanari & Gruzza, Natura Nuova, Naturitalia, OP il Tricolore, Pasta Fresca Rossi, Pastificio Cerati, Pastificio Felicetti, Pedon, Polpuva Italiana, Progeo, Promosagri, Roncadin, SAB Ortofrutta, Saclà, Salumificio Pedrazzoli, Sipo, La Ginestra, Suba Seeds Company, Terre dell’Etruria, Terremerse e The Bridge hanno scritto al ministro delle Politiche Agricole Alimentari Martina, al viceministro Andrea Olivero, agli assessori regionali all’Agricoltura, alle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato un documento in cui esprimono preoccupazione per le conseguenze che le disposizioni inserite nel decreto arrecheranno ‘ad uno dei pochi settori che, nel pur ampio panorama agroalimentare, si sta sviluppando a ritmi crescenti, contribuendo sia a diffondere il made in Italy nel mondo, sia a determinare vie alternative e sostenibili di sviluppo per il sistema agricolo del nostro Paese’.
‘In quanto aziende che producono, promuovono e commercializzano prodotti biologici certificati – si legge nella lettera – siamo ben consapevoli di come i risultati del nostro lavoro dipendano in misura rilevante dalla credibilità, dall’efficacia e dalla fiducia che i consumatori riconoscono al sistema di certificazione, quindi concordiamo con la necessità di rafforzare l’integrità del settore biologico. Tuttavia, proprio perché centrali per la nostra attività imprenditoriale e produttiva, non possiamo esimerci dall’evidenziare come le disposizioni presenti in questo decreto rischino seriamente di ottenere effetti contrari a quelli prefigurati, sia in termini di maggiore efficacia dei controlli, sia di tutela dei consumatori, sia di efficienza procedurale ed operativa’.
‘Siamo rimasti negativamente sorpresi – si legge ancora – anche dall’assenza di concertazione con le organizzazioni d’impresa che, lungo la filiera, rappresentano il punto di vista e l’interesse degli operatori economici del settore, essendo convinti che un confronto in questo senso avrebbe potuto dare un contributo rilevante ad un miglioramento reale dello stato attuale delle cose’.
Augurandosi che, nonostante lo stato avanzato dell’iter del decreto, ‘permanga la possibilità di intervenire al fine di migliorarlo’, le aziende sopra citate – che costituiscono indubbiamente una forte e qualificata rappresentanza del biologico italiano – descrivono nella lettera i principali elementi che le hanno portate a dare un parere sostanzialmente non positivo al decreto e chiedono ‘con forza di intervenire con modifiche sostanziali’.
Riportiamo di seguito i punti contestati, citando tra parentesi il testo del decreto tra virgolette l’osservazione delle aziende che hanno sottoscritto il documento.
Art. 4 comma 4 (…Gli organismi di controllo sono tenuti a richiedere una nuova autorizzazione ogni 5 anni…): ‘A nostro parere tale previsione aumenterebbe inutilmente i costi di sistema (aumenti che si riverserebbero direttamente sulle imprese, con effetti negativi sulla nostra competitività internazionale e sui consumatori), in quanto gli organismi di controllo sono già vigilati e sorvegliati – costantemente e continuativamente – dalle autorità nazionali e locali competenti, oltre che dall’organismo di accreditamento (Accredia)’.
Art. 4 comma 6 lettera d (…Sul conflitto di interessi…): ‘Se pur pienamente d’accordo rispetto alla necessità di perseguire e salvaguardare l’imparzialità dell’operato degli organismi di controllo rispetto alle aziende certificate, riteniamo tuttavia eccessiva, eccessivamente generica e sostanzialmente negativa la previsione prefigurata dal Decreto in oggetto. Essa infatti impedirebbe qualsiasi tipo di partecipazione agli organismi di controllo da parte di qualsivoglia associazioni di imprese, anche se caratterizzate da apertura, pluralità e rappresentatività rispetto alle differenti fasi della filiera biologica. Riteniamo al contrario che, in termini assoluti e concreti, la presenza – anche indiretta – di organizzazioni di imprese, di cooperative, di consorzi, di associazioni (purché, appunto, aperte e caratterizzate da solide pluralità di operatori, tra loro anche concorrenti) possa favorire competenza, professionalità e soprattutto terzietà degli organismi di controllo, come peraltro ampiamente consolidato e riconosciuto in svariati ed importanti settori dell’economia, in tutto il mondo. Precludere quindi tout court questa possibilità ci pare poco sensato e poco utile: meglio sarebbe a nostro avviso dedicare energie e tempo al fine perfezionare norme, strumenti e meccanismi per rafforzare, sostanziare e comunicare l’imparzialità e l’assenza di conflitti di interessi, per tutto il sistema’.
Art. 4, comma 9 (…sull’obbligo di cambio periodico di organismi di controllo..): ‘A nostro parere tale disposizione graverebbe oltremodo sulle imprese, riducendone la competitività sia in ambito nazionale, sia sui mercati internazionali, senza per altro sortire effetti di miglioramento certi e quantificabili: sarebbe quindi da eliminare. Al contrario, per le nostre Imprese sarebbe certo e gravoso – nel caso divenisse obbligatorio il cambio periodico di organismo di controllo – il dover sostenere costi improduttivi ed oltremodo elevati, dovuti principalmente alla modifica del materiale di etichettatura e di presentazione di tutti i prodotti, oltre che alla modifica delle procedure. A ciò crediamo sia poi opportuno aggiungere la seguente considerazione: oggi tutto il sistema di certificazione biologica (sostanzialmente in tutto il mondo, per certo in Italia) è demandato a società private – quindi caratterizzate dai normali equilibri organizzativi ed economici delle imprese; va da sé che l’imposizione ‘per legge’ di un forzoso ed incerto ricambio totale del portafoglio clienti determinerebbe con buona probabilità il collasso dell’attuale sistema, quindi la necessità di prefigurare un sistema di certificazione alternativo, basato su logiche completamente diverse da quelle attuali. Ora, pur non avendo noi Aziende particolari riserve a valutare – nei modi e nei tempi dovuti, e con ragionevoli attese di miglioramento rispetto alla situazione in essere – sistemi di certificazione anche radicalmente diversi dal quello in essere, riteniamo che sarebbe auspicabile ed opportuno, prima di distruggere l’esistente, l’aver quantomeno progettato ed esplicitato un sistema alternativo. Anche perché, come premesso in apertura, parliamo di un mercato che cresce, produce reddito, gettito fiscale, posti di lavoro e anche benessere per le persone e per l’ambiente’.
Artt. 8, 10 e 11(…sulle sanzioni pecuniarie): ‘Riteniamo che le sanzioni pecuniarie introdotte nel decreto siano eccessivamente gravose, soprattutto in considerazione del fatto che l’eventuale applicazione delle stesse risulta, così come proposta, sostanzialmente arbitraria. In oltre rileviamo come esse mal si concilino con un sistema di certificazione che già prevede meccanismi di sospensione e di revoca adeguati a prevenire, ed eventualmente a reprimere, i casi di irregolarità ed infrazione. A nostro avviso tali meccanismi sono efficaci proprio perché già in grado di determinare effetti ed impatti economici immediati per le aziende sanzionate, in termini di perdita di mercati, di fatturati, di reddito, oltre che di credibilità verso i propri clienti’.
Allegato II punto A (…sull’obbligo di sedi regionali): ‘Obbligare gli organismi di controllo a dotarsi di una struttura periferica in quelle Regioni ove ogni singolo organismo di controllo controlla più di 100 operatori a nostro avviso genererebbe oneri certi e rilevanti, con conseguenti aggravi in termini di costi per le imprese, senza effettivi benefici in termini di efficacia dei controlli. Il punto andrebbe quindi eliminato’.
Il documento delle aziende del biologico poi così prosegue: ‘Al di là dei singoli punti sopra riportati, rispetto ai quali riteniamo auspicabili e necessarie le modifiche proposte nella presente, concludiamo sottolineando nuovamente come il mercato dei prodotti biologici sia disciplinato in ambito comunitario: intervenire in modo così pesante sulle regole del solo nostro Paese rischierebbe di compromettere la competitività delle nostre aziende in ambito internazionale: questo non ce lo possiamo permettere, né come Aziende, né come Paese’.
E infine un auspicio conclusivo: ‘Nella certezza che tali nostre richieste possano essere tenute in debita considerazione, dichiariamo la nostra disponibilità a collaborare per migliorare efficacia ed efficienza del sistema, tutela del mercato e dei consumatori e credibilità del biologico. Nella certezza che tali nostre richieste possano essere tenute in debita considerazione, dichiariamo la nostra disponibilità a collaborare per migliorare efficacia ed efficienza del sistema, tutela del mercato e dei consumatori e credibilità del biologico’.