Dalla ricerca una nuova leva di comunicazione: la dieta bio-mediterranea fa bene a salute e ambiente

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Presentata alla Camera dei Deputati la ricerca IMOD-Italian Mediterranean Organic Diet dell’Università di Tor Vergata, diffusa grazie alla campagna social IL BIO DENTRO DI NOI, promossa da FederBio, AssoBio e Consorzio Il Biologico

La dieta mediterranea a base di alimenti biologici è una potente alleata della salute: crescono i livelli di antiossidanti, diminuisce l’infiammazione generale dell’organismo, si abbassa il rischio cardiocircolatorio. È la conclusione del primo step dello studio su volontari in buona salute condotto dall’Università di Roma Tor Vergata e guidato dalla professoressa Laura Di Renzo. Lo studio, denominato IMOD (Italian Mediterranean Organic Diet), rientra nel progetto MOOD (Modello di progettazione della rete dei sistemi di sicurezza alimentare, qualità nutrizionale e nutrigenomica della Dieta mediterranea per la difesa della salute in Italia), a cura dell’Università di Tor Vergata e finanziato da Ministero della Salute e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione. La ricerca, concentrata in particolare sulla composizione del microbiota intestinale, spesso definito il “secondo cervello” del corpo, porta in evidenza che una dieta composta esclusivamente da alimenti biologici riduce l’esposizione a sostanze chimiche nocive, come pesticidi e fertilizzanti sintetici, rafforzando quindi le barriere naturali del corpo contro infiammazioni e danni cellulari.

Andando nei dettagli della ricerca, grazie alla dieta biomediterranea, negli organismi dei volontari le famiglie di batteri antiossidanti, ovvero i batteri buoni per la, sono aumentate anche del 25% dopo la dieta rispetto allo stato iniziale. Allo stesso tempo, le associazioni di batteri pro-ossidanti si sono ridotte fino al 50% sul campione. Quindi, chi segue una dieta mediterranea biologica corre minori rischi di contrarre malattie cardiovascolari, diabete e tumori, grazie a un complessivo effetto immunomodulante e detossificante.

Ma seguire una dieta biomediterranea comporta altri risultati positivi. Dalla ricerca è infatti emerso un calo consistente dei grassi saturi correlati al rischio cardiocircolatorio. A esprimere questi valori sono il cosiddetto indice di aterogenicità che si è quasi dimezzato (da 0,29 a 0,16) e quello di trombogenicità, più che dimezzato (da 0,42 a 0,20), riducendo così il rischio di malattie cardiovascolari. Anche la capacità antiossidante del pasto legata a quella del corpo, fondamentale per contrastare l’invecchiamento cellulare, è quasi quadruplicata, passando da 5.870 a 20.573 unità ORAC, l’unità di misura della capacità di assorbimento dei radicali liberi.

Gli importanti risultati della ricerca IMOD-Italian Mediterranean Organic Diet sono stati portati a conoscenza del pubblico da una campagna di comunicazione ideata e organizzata da FederBio, AssoBio e Consorzio Il Biologico. Le organizzazioni hanno realizzato una campagna di diffusion puntata su due dei volontari, Tatiana e Dario, che sono stati seguiti nelle varie fasi e sono diventati protagonisti della campagna social “Il Bio dentro di noi”(vedi news). Gli specifici dati sanitari pre e post dieta dei due volontari rispecchiano la tendenza generale: i batteri ‘buoni’ (tra i Firmicutes), nel loro microbiota intestinale, sono aumentati, mentre i batteri (tra i Bacteroitedes) che favoriscono lo stato infiammatorio sono diminuiti tra il 5 e il 50%. Inoltre hanno perso tutti e due circa un chilo di peso durante la dieta mediterranea in bio.

La campagna, realizzata grazie al contributo di NaturaSì che ha fornito tutti i prodotti necessari alla dieta biologica mediterranea, è stata presentata presso la sala stampa della Camera dei deputati, assieme ai dati della ricerca. Oltre ai responsabili scientifici dello studio e del progetto MOOD, rispettivamente Laura di Renzo, direttrice della Scuola di Scienze dell’Alimentazione di Tor Vergata, e il professore emerito Antonino Di Lorenzo, sono intervenuti il sottosegretario MASAF Luigi D’Eramo, la deputata Maria Chiara Gadda, l’europarlamentare Camilla Laureti, la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, la presidente AssoBio Nicoletta Maffini e Massimo Monti, presidente del Consorzio Il Biologico.

“Una ricerca unica – commenta la professoressa Di Renzo -, perché si basa su un data base ex novo eccezionale. I dati ottenuti dalle analisi effettuate ai 15 volontari hanno preso in considerazione diversi parametri, permettendoci di raccogliere una quantità enorme di risultati, per questo lo studio assume una rilevanza scientifica importante. Il cuore dello studio ha riguardato l’analisi del cosiddetto esposoma, ovvero l’insieme dei fattori interni ed esterni che influenzano il nostro stato di salute. Tra questi ci sono le abitudini alimentari, lo stile di vita e l’esposizione a sostanze inquinanti. Lo studio ha approfondito il primo di questi fattori, ovvero quanto incide ciò che mangiamo sul nostro stato di salute. E la ricerca dimostra chiaramente che il valore della produzione biologica ricade positivamente sul nostro microbiota intestinale, riequilibrando e spegnendo i livelli di infiammazione”.

Un dato per certi versi inaspettato è stato quello relativo alla vicinanza della dieta giornaliera dei partecipanti allo studio a un modello ideale di alimentazione mediterranea. Il cosiddetto Indice di Adeguatezza Mediterranea è passato da 1,4 (livello “non accettabile”) nelle analisi pre-ricerca a oltre 15 (livello “eccellente”). In altre parole, molti italiani pensano di “mangiare mediterraneo” e invece sono molto lontani dal modello di consumo di vegetali, cereali, legumi, frutta fresca e secca e poche proteine animali, possibilmente ittiche, che caratterizza la dieta mediterranea. Ma è stato dimostrato da precedenti studi che anche solo l’aumento di 2.7 unità dell’indice di adeguatezza mediterranea è associato a una diminuzione di mortalità per patologie cardiovascolari del 26% su 20 anni. Dal professore emerito Antonino Di Lorenzo, responsabile del progetto MOOD, è giunta appunto la raccomandazione “a seguire di più il modello della dieta mediterranea, che nel tempo è stata dimenticata. Dobbiamo recuperare le ricette delle nonne!”.

Ma benefici della dieta biomediterranea si estendono anche all’ ambiente. Nel solo mese della dieta, l’impronta idrica è scesa da 64.475 litri a 44.705 litri per persona, con un risparmio di circa 20.000 litri. Per fare un paragone, si tratta dell’acqua necessaria per fare più di 250 docce. Anche l’impronta carbonica si è ridotta, passando da 40,25 a 38,13 kg di CO₂ equivalenti: la stessa quantità di emissioni prodotta dal funzionamento medio mensile di un forno elettrico.

“I risultati della ricerca presentata evidenziano come due modelli alimentari per noi di riferimento, come la Dieta mediterranea e il biologico, combinati insieme, abbiano effetti ancora più positivi per la salute – commenta il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo – La Dieta mediterranea, già patrimonio immateriale dell’umanità, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti come sistema alimentare migliore al mondo perché è salutare e fa bene anche all’ambiente. Una sostenibilità che è parte fondante del metodo di coltivazione biologico, che promuove cibo sano e legato ai territori. Lavoriamo per sostenere un rilancio dei consumi interni, per consentire l’ulteriore crescita di un settore in cui l’Italia è leader a livello internazionale”. È inoltre importante – conclude il sottosegretario – sensibilizzare i più giovani, che saranno gli adulti di domani, sui benefici di un’alimentazione sana e sostenibile, favorendo una sempre maggiore diffusione della dieta mediterranea biologica anche nelle mense scolastiche”.

“Accedere a una dieta sana, giusta ed equilibrata non è purtroppo realtà per molte persone, anche nel nostro Paese – osserva l’onorevole Maria Chiara Gadda – Sono vari i fattori scatenanti, ma di certo anche le condizioni di sistema, a partire dalla situazione economica, stanno cambiando le abitudini di acquisto e di consumo dei cittadini. L’Italia è grande esportatore di produzioni bio, mentre i consumi interni fanno più fatica. Lo studio promosso dalle organizzazioni del bio insieme alla università di Tor Vergata, mette in luce come pratiche agricole attente all’ambiente impattino positivamente anche sulla salute dei consumatori. La dieta mediterranea è caratterizzata dalla varietà e dal corretto bilanciamento degli alimenti, e non dobbiamo perdere questo modello culturale che, se messo a sistema con una giusta educazione, fa bene anche alle tasche dei cittadini”.

“I risultati che presentiamo sono frutto di una ricerca scientifica che mette insieme due scelte alimentari che si rafforzano vicendevolmente: la dieta mediterranea associata ad alimenti biologici – commenta Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – Ci pare di estrema importanza che lo studio, assieme ad altri che si sono susseguiti negli ultimi anni, dimostri e confermi la validità della scelta del bio per il mantenimento della salute delle persone e come elemento inevitabile per la salute dell’ambiente, anche in un’ottica One Health”. “Ma nella condivisione di questa campagna – continua Mammuccini – c’è anche un valore complessivo per il mondo del biologico: l’alleanza strategica che abbiamo creato e che vede insieme FederBio-AssoBio e Consorzio Il Biologico, per investire congiuntamente nell’informazione ai cittadini e per promuovere il tema della salute legata al consumo del bio. Il biologico, settore in cui l’Italia è al primo posto nella produzione, deve ancora affermarsi completamente nei consumi. Abbiamo bisogno di campagne di comunicazione, quindi, e ‘Il Bio dentro di noi’ è un esempio concreto di come, insieme, riusciamo a realizzarle”.

“È importante unire le forze e lavorare in sinergia tra Associazioni per creare maggiore consapevolezza sull’importanza dell’alimentazione biologica per la tutela della salute delle persone, degli allevamenti e dell’ambiente – osserva Nicoletta Maffini, presidente di AssoBio – Questi primi dati presentati dal Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dimostrano che l’alimentazione biologica è alla base della nostra salute, dobbiamo pertanto diffondere questi risultati per creare maggiore consapevolezza. Il settore del biologico può e deve diventare il punto di riferimento per l’intera filiera agroalimentare del Paese. L’Italia è già leader mondiale di produzione ed esportazione del biologico, ma è necessario lavorare per incrementare i consumi interni che sono ancora troppo limitati, poco più del 3% del totale alimentare”. “Sono certa – conclude Maffini – che il messaggio forte e chiaro con i risultati di questa ricerca, che diffonderemo tra i soci e i consumatori, possa essere un primo passo fondamentale per il rilancio dei consumi e del settore”.

“Scegliere cibo biologico significa investire sulla salute dell’ambiente, di cui siamo parte. Allo stesso modo, credo sia inconfutabile che la buona salute dell’ambiente, in cui viviamo, contribuisca a mantenere noi stessi in buona salute – osserva il presidente di Consorzio Il Biologico, Massimo Monti – Il bellissimo lavoro dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata aggiunge una conferma scientificamente rilevante a ciò di cui da sempre siamo convinti, ovvero che mangiare biologico abbia effetti positivi rilevanti diretti sulla nostra salute. Il nostro Consorzio promuove e sostiene l’agricoltura biologica, la produzione ed il consumo di cibo biologico dal 1988, ovvero da prima che la certificazione biologica venisse normata a livello europeo: contribuire oggi, assieme ad AssoBio e FederBio, alla divulgazione di questi risultati, solidi e rilevanti, è per noi un ‘piacevole dovere’”.

Cristina Latessa

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