OGM zero, solo cibo biologico nelle mense, assistenza alle aziende che vogliono diventare bio, reti di consumatori che si impegnano ad acquistare prodotti senza pesticidi, operatori che destagionalizzano l’offerta turistica. Sono quasi mezzo milione gli italiani che vivono nei 9 bio-distretti, distribuiti in 7 regioni e 93 comuni, per una superficie totale di 6.400 chilometri quadrati. Più di 1800 le aziende biologiche che vi operano per un totale di oltre 8.300 ettari di superficie agricola utilizzata.
Il bio-distretto è un’area geografica nella quale si costituisce un’alleanza tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse, sulla base del modello biologico di produzione e consumo. L’AIAB da diversi anni è impegnata nella promozione e nel coordinamento dei bio-distretti e il 13 marzo, per la prima volta, ha riuniti a Roma, nella sua sede di Testaccio, tutti i rappresentanti.
Obiettivo dell’incontro è stato quello di definire un’organizzazione per la gestione integrata dei servizi nei bio-distretti (commerciali, turistici, formativi) nonché di mettere a punto una strategia nazionale e internazionale. E’ stata infatti promossa la rete internazionale che ha già portato a un accordo di collaborazione sottoscritto recentemente con la Bio Vallé, la più importante esperienza francese.
‘I bio-distretti – dice Maria Grazia Mammuccini, vice presidente di AIAB – si caratterizzanoper la sperimentazione di percorsi originali nei processi di sviluppo economici. L’idea è quella di creare aree territoriali che scelgono strategie locali forti eco-sostenibili e inclusive, che si confrontano con le altre regioni europee e che internazionalizzano la propria cultura. Per AIAB un approccio economico innovativo come questo deve trovare il giusto spazio nella prossima programmazione dei Fondi Europei 2014 – 2020’.
Oggi, a comandare la carica dei territori che si organizzano attorno al biologico, c’è la Toscana, con i bio-distretti di Greve in Chianti, del Chianti storico e di San Gimignano, e la Campania, che annovera la più grande delle aree, quella del Cilento. Seguono la Calabria (con il bio-distretto Grecanico), il Lazio (bio-distretto Via Amerina e Forre), il Trentino Alto Adige (bio-distretto della Val di Gretta), la Liguria (bio-distretto della Val di Vara) e il Piemonte (bio-distretto delle Valli Valdesi). Molise, Puglia e Basilicata stanno oggi mettendo a punto la loro rete.
‘Nel bio-distretto – ha spiegato il responsabile AIAB per i bio-distretti, Salvatore Basile – la promozione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità per raggiungere un pieno sviluppo delle potenzialità economiche. Vengono cioè messe in rete le risorse naturali, culturali, produttive di un territorio.
Queste sono poi valorizzate da politiche orientate alla salvaguardia dell’ambiente, delle tradizioni e dei saperi locali. Ad esempio le amministrazioni si impegnano a tenere libero il territorio da OGM, a proporre solo cibo biologico nelle mense, ad assistere le aziende che vogliono diventare bio, a valorizzare il più possibile la produzione biologica. Dal canto loro gli agricoltori si impegnano a produrre biologico, i consumatori ad acquistarlo, le associazioni a promuoverlo e così via. Persino gli operatori turistici, attraverso gli eco-itinerari, possono riqualificare e destagionalizzare l’offerta turistica’.