Lunedì 15 ottobre, in molte città italiane, si sono accese le caldaie dei riscaldamenti. Come ad ogni autunno, si è aggiunta così una fonte di smog a quelle, più o meno stabili, del traffico e delle emissioni create dalle attività produttive.
Automaticamente, soprattutto in pianura padana e attorno alle sue città, a partire da Milano, i livelli di smog tendono e tenderanno a superare le soglie di attenzione.
Basta un periodo senza precipitazioni e i limiti d’inquinamento dell’aria previsti dalla legge vengono quasi stabilmente superati. A Milano le centraline Arpa hanno misurato concentrazioni di polveri fuorilegge per quattro giorni consecutivi a scavalco della domenica senza auto del 14 ottobre: otto ore di blocco totale della circolazione, auto e moto ferme dalle 10 alle 18 a Milano e in sette comuni della prima corona esterna; via libera solo a veicoli strettamente ecologici, elettrici e ibridi. Ma l’impatto di queste misure sui livelli di smog non è decisivo; l’iniziativa, che sarà ripetuta nel capoluogo lombardo il 18 novembre, vale a livello culturale, di sensibilizzazione verso l’uso dei mezzi pubblici, delle biciclette (anche a noleggio), delle nuove auto elettriche. Non blocca il veleno che entra nei polmoni.
La Provincia di Milano riunirà il 30 ottobre la cabina di regia dei sindaci sulle politiche antismog. Un atto dovuto, perché nessuno ha la bacchetta magica. La legge regionale lombarda per la qualità dell’aria prevede, a partire dal 15 ottobre, il blocco della circolazione (dalle 7.30 alle 19.30) per le auto Euro 0 a benzina e per i diesel fino alla classe Euro 2 in tutte le ‘zone critiche’, comprese quindi Milano, Brianza, Como, Bergamo e Brescia. In totale, sulla carta, il blocco riguarderà circa 450 mila mezzi.
Nei giorni scorsi si è a lungo discusso dell’ipotesi di estendere la griglia dei divieti ad altri 220 mila veicoli più vecchi nelle zone più inquinate, ma l’ipotesi è passata in secondo piano a causa della crisi politica che sta sconvolgendo la Regione Lombardia. Misure-tampone, comunque, che non affrontano il problema alla radice. Una vera politica anti-smog richiede un tavolo ampio: non solo esperti e amministratori pubblici, ma imprenditori e uomini di marketing.
Vanno aggiustati i modelli di vita, aggiornati i sistemi di trasporto pubblico e privato: un’operazione enorme, che intacca interessati consolidati molto forti. Ma non ci sono alternative. O così o continueremo a respirare aria avvelenata.
Antonio Felice