‘In Italia bisogna aprire una riflessione seria che deve coinvolgere la ricerca e la produzione agricola sul ruolo dell’ingegneria genetica e di possibili applicazioni degli Ogm’.
Così esordisce il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini sul ‘Corriere della Sera’. Dopo la riapertura in Europa del dossier ogm, Clini invita ‘non a una riapertura tout court’ agli organi geneticamente modificati nel nostro Paese. Ma considera la ‘valutazione anche dei molti benefici’ che possono derivare dall’ingengeria genetica. L’opposizione agli ogm, ricorda Clini, in Italia è bipartisan ‘e da sempre compromette la ricerca sull’ingegneria genetica applicata all’agricoltura, alla farmaceutica e anche a importanti questioni energetiche’. Per il ministro si tratta di ‘un grave danno’.
Immediate le reazioni negative a questo ‘scivolone’ del ministro. Giuseppe Politi, presidente della CIA: ‘Il ministro dell’Ambiente Clini è partito con il piede sbagliato sugli Ogm. Non condividiamo alcune delle tesi esposte e siamo fermamente convinti che gli organismi geneticamente modificati non servono alla nostra agricoltura diversificata e saldamente legata alla storia, alla cultura, alle tradizioni delle variegate realtà rurali. La nostra contrarietà non è ideologica. Siamo, infatti, convinti che in Italia ed in Europa è possibile produrre colture proteiche libere da biotech, con beneficio per l’ambiente, per la salute, nonché per migliorare il reddito degli agricoltori e degli allevatori’.
Alessandro Triantafyllidis, presidente nazionale dell’AIAB: ‘Vorremmo ricordare al ministro dell’Ambiente Clini che il Paese ha già fatto una seria riflessione sull’uso degli OGM in agricoltura e che ha detto ‘no’ all’uso di organismi geneticamente modificati. Per altro un conto è parlare di ricerca, sperimentazione o selezione genetica in agricoltura, cosa ben diversa è parlare di coltivazione di OGM in campo aperto. Visto che la coesistenza in campo è impossibile, accettare la coltivazione GM significherebbe contaminare le nostre produzioni, a partire da quelle biologiche, conosciute nel mondo per la loro qualità e tipicità, e mettere il settore primario sotto il dominio delle multinazionali del biotech’.