La procura di Milano ha chiesto la liquidazione giudiziale di Ki Group, realtà composta da Ki Group srl, Ki Group Holding spa e Bioera spa, giudicando inammissibile il piano presentato dal gruppo societario che prevedeva di ricevere sostegno economico da Bioera, anche essa però in cattive condizioni economiche.
Anche la senatrice Daniela Santanchè, ministra del governo Meloni, e già sotto inchiesta a Milano per il caso Visibilia, potrebbe essere coinvolta nel processo di fallimento, visto il ruolo che ricopriva fino a poco tempo fa di presidente di Bioera spa, ovvero della società controllante Ki Group Holding.
Il parere negativo della procura di Milano si contrappone a quello positivo espresso dall’esperto della società, ovvero un professionista nominato della Camera di Commercio, avvalorando quello negativo espresso dai creditori. Se il gruppo, come chiedono i PM al tribunale, dovesse finire in liquidazione giudiziale, amministratori ed ex amministratori rischierebbero le accuse di bancarotta e false comunicazioni sociali sul fronte penale.
Il piano di concordato semplificato proposto da “Ki Group” lo scorso maggio, si basa tutto sull’aiuto della controllante “Bioera spa” disposta a comprarsi i marchi di proprietà di “Ki Group”. La Procura però sottolinea che: “Bioera spa, è in evidente stato di insolvenza”. “Non si vede, quindi, come Bioera Spa – spiega ancora la procura appoggiandosi a una informativa della GdF – essendo in una situazione di criticità, possa farsi carico del peso economico del piano proposto da Ki Group srl, ed adempiere alle obbligazioni assunte, per le quali non vi è, infatti, alcuna concreta garanzia, ma solo un atto di fede”.
Lo stesso nucleo di polizia economico finanziaria della GdF di Milano ha anche redatto un’informativa sullo stato preciso del gruppo Ki Group-Bioera, analizzando i bilanci. Dagli accertamenti emerge che Bioera ha debiti per quasi 900mila euro. In più, dal bilancio 2022 si evidenzia un “risultato netto in perdita per 5,3 milioni di euro“.
Ki Group, dal fondatore Bianchi al disastro di Santanché
Insieme a Finestra sul Cielo e Fior di Loto, brand nati a Torino e oggi parte del gruppo NaturaSì, Ki Group è tra i grandi pionieri del bio piemontese.
Era il 1974 quando Pietro Bianchi, parrucchiere pendolare tra Parigi e il capoluogo sabaudo, decide di investire nella macrobiotica. Nasce così Brico: le prime gallette bio (ora parte del gruppo Fiorentini) e gli snack salutistici a cui segue Reform Ki. “Producevamo il tofu nel cuneese, a Fossano, con soia a chilometro zero e importavamo seitan dal Giappone — ricorda Monica Lasagna, ex direttore commerciale di Ki Group, 30 anni in azienda, e il Tfr ancora da recuperare — credevamo nel cibo biologico come fonte di benessere per la persona. All’inizio Bianchi proponeva anche lo yoga in ufficio”. Il passo dal tofu alla proposta di legare il Tfr degli addetti ad azioni convertibili di Bioera non è stato breve. All’alba degli anni ottanta il biologico era un menù per visionari la cui ricetta si scriveva tra Torino e Bologna. Gallette, tofu, seitan, produzione e distribuzione.
Alta redditività e ricavi in crescita. Ecco perché nel 2011 Daniela Santanché e il compagno Canio Mazzaro fanno il loro ingresso nel business del bio, rilevando l’azienda dal crack Burani, gruppo della moda subentrato dopo l’uscita dei fondatori Pietro Bianchi e Angelo Saccone. Dieci anni vissuti in crescita tanto da aprire le porte della finanza, con la quotazione in borsa.
“Santanché è sempre stata molto presente in azienda — ricorda l’ex manager di Ki Stefano Robino —. Molto in gamba, sapeva essere anche cattiva teneva tutti in riga, anche i fornitori”. Secondo la ricostruzione dei magistrati milanesi, Ki Group si sarebbe trovata ad accumulare debiti senza saldarli, mettendo in difficoltà i fornitori, trattenendo la liquidità dei dipendenti. Con il cerino in mano sono rimasti una trentina di agenti e una ventina di ex dipendenti, ancora in attesa del Tfr. Tutti coloro che avevano creduto nel sogno del bio.
La Redazione