Costi di produzione che lievitano: ecco uno dei fenomeni che la pandemia ci lascia in eredità. L’aumento riguarderà i prezzi delle materie prime e dell’energia, così come i costi della logistica. La questione, definita da alcuni “senza precedenti”, è spinosa e l’analisi delle conseguenze complessa.
Si tratta, infatti, di un tema caldo che pone tanti quesiti: come impatterà il caro delle materie prime su filiere sempre più connesse tra di loro? Si riverbererà anche sugli scaffali? Se sì, in che misura? I prezzi all’ingrosso dell’agroalimentare quanto verranno trainati dal costo delle materie prime?
Si può avanzare qualche ipotesi, sulle filiere verosimilmente più interessate da questi aumenti: latte, formaggio e derivati da cereali.
Funzionale per orientarsi nelle informazioni e avanzare qualche riflessione e analisi, ecco alcune suggestioni fornite dai dati di queste filiere.
I dati di Bmti, Borsa merci telematica italiana, offrono evidenze molto puntuali. Per quanto riguarda i cereali, l’aggiornamento di settembre riporta “dopo l’impennata registrata tra luglio e agosto, la crescita dei prezzi del grano duro sul mercato italiano si è attenuata in avvio di settembre, in linea con quanto osservato sul mercato canadese”. In particolare, i prezzi attuali del grano duro nazionale si attestano comunque su valori elevati, vicini ai 500 €/t, “non molto lontani dalle quotazioni record toccate nei primi mesi del 2008 ed in aumento del 60% circa rispetto ad un anno fa”.
Scenario analogo, quello del grano tenero. Si rileva, infatti, un rallentamento in avvio di settembre, dopo l’aumento dei prezzi dei grani nazionali ad agosto. “Le quotazioni rimangono tuttavia elevate, attestate sulla soglia dei 250 €/t, in crescita del 35% circa rispetto ad un anno fa”, riporta Bmti.
Per quanto riguarda, invece, il settore lattiero caseario, “il mese di settembre e l’avvio di ottobre hanno visto proseguire la corsa dei prezzi all’ingrosso delle materie grasse, con nuovi rincari sia per il burro che per la panna”. Nello specifico, i prezzi attuali del burro pastorizzato sono più alti di oltre +50% e quelli della panna del +19%. Il Parmigiano Reggiano DOP tiene, mentre il Grana Padano DOP ha mostrato una leggera debolezza.
Sono dati, questi, che vanno in una direzione piuttosto chiara. Gli scenari che si possono prospettare, coinvolgendo – per non dire travolgendo – anche il settore del biologico, sulla scia di questa tendenza, sono molteplici. Carlo Alberto Buttarelli, direttore ufficio studi e relazioni di filiera di Federdistribuzione, commenta: “Nel largo consumo, caratterizzato da oltre dieci anni da un trend deflattivo, preoccupa un eventuale cambio di scenario, anche se le stime dicono si tratti di fenomeni transitori”. È presto, però, per giungere a misurazioni puntuali di questi temi, “depurandoli dell’eventuale componente speculativa”, conclude. Vedremo.
Stefania Tessari