Campagna difficile per il limone Interdonato biologico

limone interdonato

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L’inflazione a scaffale che non trova un parallelismo sulle remunerazioni al produttore e il difficile approccio al mercato e ai piani di finanziamento nazionali ed esteri, da parte dei piccoli agricoltori situati nell’areale della costa jonica del messinese, spingono i coltivatori all’abbandono delle terre.

Per quanto riguarda l’areale del limone interdonato si parla già di un 40% di coltivazioni abbandonate mentre se si estende la vuiuale a tutte le attività agricole della zona, inclusi gli allevamenti, si arriva a proiezioni, nei prossimi due o tre anni, che sfiorerebbero anche il 70% dei terreni agricoli destinati a diventare incolti.

Se prima dell’assegnazione forzata dei terreni agli agricoltori, avvenuta all’inizio del secolo scorso, il problema era quello di una aristocrazia bucolica ignava che non aveva alcun interesse alla coltivazione dei propri poderi, soprattutto nelle terre borboniche del sud Italia, la questione oggi cambia prospettiva. Con la frammentazione poderale che è conseguita allo spezzettamento dei feudi, che non è stata accompagnata da un’adeguata politica di sistema Italia (da più parti da sempre invocata), gli agricoltori oggi che, per la maggior parte di piccole dimensioni, eccettuati alcuni territori che si sono saputi organizzare come nel caso delle cooperative emiliano-romagnole, non sono più messi nelle condizioni di potere intraprendere l’azienda agricola perché tra burocrazia farraginosa, costi alle stelle aggravati negli ultimi anni, mancanza di redditività anche per quotazioni di mercato guidate da scellerate importazioni in UE da Paesi terzi (ma non solo) con standard produttivi ben diversi da quelli imposti e voluti nel quadro dell’Unione Europea, il made in Italy agricolo, viene messe in un angolo, spesso e volentieri, con buona pace dell’italian sounding destinato, di tutta evidenza, a evolversi in un Italian dreaming.

Si pensi al caso del limone interdonato biologico, ad esempio, eccellenza IGP del messinese, che quest’anno ha registrato prezzi alla produzione che praticamente non avevano differenza tra il prodotto destinato agli scaffali (quotato a 0,45 centesimi al chilo) e quello all’industria di trasformazione (0.35 centesimi al chilo). Appena dieci centesimi di differenza.

“Per molte aziende del comprensorio dell’IGP – ci spiega Federico Bucalo alla guida dell’azienda agricola Verde Mare che produce limoni interdonato biologici – questo ha significato la chiusura. Ad oggi almeno il 40% dei terreni sono stati lasciati incolti. Se le quotazioni sono di 35 centesimi per l’industria e 45 centesimi per il mercato del fresco, per paradosso, risulta più conveniente vendere all’industria per risparmiare i 20 centesimi al chilo necessari per la raccolta con manodopera specializzata perché qui abbiamo terreni tutti terrazzati. Risulta più conveniente guadagnare quei dieci centesimi dal risparmio sulla raccolta che in ogni caso non permettono di creare margine operativo per continuare a lavorare. Pur avendo ventisei anni, io continuo a portare avanti l’azienda di famiglia ma si fa fatica, nonostante tutti i programmi di finanziamento europei e nazionali per le aziende giovani, per la transizione ecologica e i vari finanziamenti a tasso agevolato. È come camminare controvento”.

La burocrazia europea per l’accesso al PSR non è accessibile a tutti quei piccoli produttori che non hanno un riferimento importante come, ad esempio, le associazioni di categoria, e non sono pochi se si considera che, secondo gli esperti, almeno il 25% delle aziende agricole italiane fanno capo a quel perimetro fumoso degli ‘agricoltori anonimi’. Quei produttori che, per esempio, non hanno mai fatto richiesta di finanziamenti, che coltivano per solo tradizione familiare e che non fanno business. In pratica non sono conosciuti dal mercato ma, per paradosso, lo influenzano, movimentando i loro volumi sul mercato (stiamo parlando del 25% delle aziende agricole) con logiche economiche arcaiche, che influenzano, loro malgrado, l’andamento dei prezzi di tutto un sistema.

“I problemi principali legati all’abbandono delle terre agricole – precisa Bucalo che ha chiuso l’ultima campagna limoni interdonato IGP andando letteralmente in pari rispetto ai costi – è innanzitutto un mancato ricambio generazionale; la mancanza di professionalità anche, ma non solo, legata al disinteresse delle nuove generazioni, ma soprattutto, le forti difficoltà di mercato che tendono a spingere fuori mercato le produzioni italiane, che sono di qualità per definizione prima di tutto normativa. Soccombiamo di fronte alla concorrenza estera di altri Paesi europei e persino da parte di quei Paesi Terzi che producono in contro stagione e che riescono a penetrare in finestre di mercato che prima erano una prerogativa del solo emisfero boreale”.

Il momento di massima saturazione di mercato per il limone interdonato, ad esempio, si ha nel periodo 23 ottobre – 23 novembre. Se prima questa finestra era affollata dai soli limoni del sud Europa/nord Africa, adesso la competizione si allarga anche alle produzioni cilene, argentine e sudafricane che con particolari varietà precoci riescono ad accavallarsi alla nostra stagionalità, stravolgendo i prezzi della campagna italiana/europea poiché non c’è paragone tra i prezzi che propongono e i loro costi dopati, a cominciare da quello della manodopera.

“C’è, adesso, l’iniziativa del prestito agevolato denominata ‘Riprendiamoci la terra’ – chiosa Bucalo – tuttavia è piena di limiti e aumenta il rischio agricolo di inadempimento. Non si tratta più o solo della variabile climatica ma anche del fatto che il processo di espansione poderale è legata a condizioni difficili da allineare in un unico progetto. Il programma finanzia, ad esempio, l’acquisto di un terreno che si ha in affitto da almeno due anni ma non quello di un terreno agricolo adiacente in vendita che potrebbe essere utile, magari, perché ha un rudere da adibire a magazzino. Si rischia molto ad investire in questi termini anche perché se non si paga il finanziamento la proprietà rimane in capo all’ente pubblico che fa da perno a questi prestiti a tasso agevolato”. Ciò che il demanio unisce, nessuno divida.

Mariangela Latella

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