La politica agricola dell’UE deve smettere di distruggere la natura. A lanciare l’appello sono oltre 3.600 scienziati da 36 paesi, tra cui 240 italiani. Una comunità scientifica autorevole che sostiene, senza mezzi termini, che la PAC (Politica agricola comune) è tra i fattori principali che hanno condotto all’attuale emergenza climatica e perdita della biodiversità, non riuscendo al contempo a centrare gli obiettivi socio-economici per le aree rurali che si era preposta.
La coalizione #Cambiamoagricoltura – di cui fanno parte WWF, Lipu, Legambiente, ProNatura, ISDE, Federbio, AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biodinamica, Slow Food Italia, Associazione Italiana di Agroecologia, Accademia Kronos Onlus, con il sostegno di Fondazione Cariplo – che sostiene la comunità scientifica promotrice dell’iniziativa, ha così dichiarato: “Il modello di agricoltura intensiva promosso dalla PAC porta direttamente alla perdita di biodiversità, all’inquinamento dell’acqua e dell’aria e contribuisce alla crisi climatica. Dal 1980 l’UE ha perso il 57% degli uccelli legati agli ambienti agricoli (in Italia il 23% che sale al 45% nelle aree di pianura). E A grave rischio sono anche le farfalle, le api e gli altri insetti impollinatori”
Di fronte a questi scenari – continuano gli ambientalisti – la proposta della Commissione europea per la PAC dopo il 2020 deve essere “drasticamente migliorata” per non danneggiare l’ambiente.
A tale scopo, gli scienziati indicano un decalogo di azioni urgenti per concretizzare un piano di riforme che non più attendere per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine, la conservazione della biodiversità e la mitigazione dei cambiamenti climatici. Sono richieste sostenute anche dalle associazioni della coalizione #Cambiamoagricoltura che identificano proprio nell’agricoltura biologica e biodinamica le pratiche più avanzate di agroecologia, la chiave per affrontare le sfide ambientali del prossimo futuro.
La ricetta per la transizione ecologica dell’agricoltura prevede una PAC che smetta di finanziare pratiche distruttive, ponendo immediatamente fine ai sussidi alla produzione e sopprimendo gradualmente i pagamenti diretti basati solo sul possesso della terra, aumentando al contempo in modo significativo il sostegno alla transizione degli agricoltori verso un’agricoltura più sostenibile e rispettosa della natura. Tra le proposte concrete avanzate dagli scienziati ci sono la richiesta di fissare una percentuale minima del 10% di superficie agricola destinata ad habitat naturali come siepi, strisce di fiori o stagni, ma anche la diminuzione della dipendenza dalle sostanze chimiche di sintesi, pesticidi e fertilizzanti chimici, un maggiore sostegno alla multifunzionalità e l’aumento dei controlli e del monitoraggio dell’efficacia ambientale degli interventi finanziati.
“Questo appello urgente di migliaia di scienziati è senza precedenti e arriva in un momento cruciale”, affermano la coalizione #CambiamoAgricoltura. “In questi mesi è in corso il dibattito sul prossimo periodo di finanziamento della PAC (2021-2027), in parallelo alle discussioni sul bilancio UE post 2020, incluso quanto andrà all’agricoltura e a quali condizioni. I ministri dell’agricoltura nazionali e molti eurodeputati continuano a ignorare la scienza e stanno attivamente indebolendo l’ambizione ambientale della futura PAC. Dovremmo, invece, aiutare gli agricoltori a intraprendere una transizione verso modelli ispirati all’agroecologia, a partire dall’agricoltura biologica e biodinamica, insieme all’incremento degli elementi naturali all’interno del paesaggio agricolo che possono assicurare la sopravvivenza della biodiversità a partire dagli impollinatori”.
Gli scienziati, infine, chiedono impegni e obiettivi chiari ai singoli Stati all’interno del loro Piano strategico nazionale per la PAC, per il quale in Italia sta prendendo ora avvio la discussione pubblica. “È fondamentale – concludono le associazioni – che il nostro Paese all’interno del proprio piano strategico metta al centro le sfide della sostenibilità ambientale dell’agricoltura, perché solo così si potranno vincere sul lungo periodo anche le sfide economiche e sociali”.