Fertilizzanti naturali, l’Italia in prima linea

biostimolanti

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Dopo la genetica e la protezione delle colture – prima dei mezzi tecnici – la terza grande macro-area dell’agribusiness è rappresentata dagli agrofarmaci. 

Un settore interessato in primo piano dal nuovo Green Deal europeo, che ne prevede il taglio del 20% entro il 2030, e un’area in l’Italia è all’avanguardia, sia nell’uso sostenibile in campo sia nella produzione dei cosiddetti biostimolanti. Si tratta di fertilizzanti naturali di nuova generazione, che si differenziano dai tradizionali, minerali e non solubili, per il minor impatto ambientale. Grazie alla combinazione di sostanze organiche, proteine idrolizzate e aminoacidi, i biostimolanti infatti migliorano la crescita delle colture senza il ricorso alla chimica. Una manna per l’agricoltura bio.

Il comparto dei biostimolanti è ad oggi in forte crescita poiché considerati vera e propria alternativa ai prodotti convenzionali, perfettamente compatibili con la nuova frontiera dell’agricoltura di precisione che consente di avere dati aggiornati per intervenire sulle colture solo quando serve.

A livello globale il mercato dei biostimolanti è stimato in 2,5 miliardi di euro con una crescita attesa a oltre 5 nel prossimo quinquennio. In Europa la dimensione del mercato è di circa 800 milioni, di cui 200 in Italia, con un tasso di crescita superiore al 10% annuo, che ora potrebbe beneficiare della spinta data dalle politiche ambientali dell’UE. Negli anni nel nostro Paese il tessuto produttivo del comparto si è concentrato in termini numerici rafforzandosi al contempo a livello qualitativo, grazie a piccole multinazionali di eccellenza. È un settore in forte crescita soprattutto con il biocontrollo, che si realizza con prodotti a base di microorganismi utili, senza usare molecole di sintesi, e rappresenta un’alternativa ai fertilizzanti tradizionali. È quello che viene chiamato il tea spoon, il cucchiaino da tè, dare alla pianta solo quello di cui ha bisogno e quando ne ha bisogno. Alternative concrete all’obiettivo europeo di ridurre la chimica in agricoltura e in linea con la sfida globale di aumentare la produzione di cibo. La sfida secondo i principali rappresentanti del settore è un’altra, ovvero divulgare maggiori informazioni e conoscenze rispetto alla composizione e all’uso di questi prodotti, troppo spesso erroneamente associati a sostanze pericolose e dannose per l’ambiente.

(Fonte: Il Sole 24 Ore)

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