Nei giorni scorsi, il 17 gennaio, Legambiente ha presentato un’importante ricerca sull’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane curato da Giorgio Zampetti e Andrea Minutolo e intitolato ‘Mal’aria di città 2013’. GreenPlanet ne riporta qui di seguito una sintesi.
Il 2012 si chiude con una conferma sugli elevati livelli di inquinamento atmosferico che respiriamo nelle città italiane e lo smog è destinato a caratterizzare anche l’anno appena cominciato. La Comunità europea ha sancito il 2013 come l’anno europeo dell’aria, prendendo l’impegno di rafforzare maggiormente la direttiva che regola la presenza di inquinanti in atmosfera. Un atto necessario per tutelare maggiormente la salute dei cittadini.
Il rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente pubblicato nel settembre 2012 evidenzia come il problema rimane ancora alto, soprattutto nelle aree urbane per gli elevati livelli di particolato e ozono. Nel rapporto europeo agli ultimi posti per la qualità dell’aria c’è proprio l’Italia. E proprio gli elevati livelli di smog sono tra le principali preoccupazioni dei cittadini di tutta Europa, come rivela l’Eurobarometro, lo strumento della Commissione europea di analisi dell’opinione pubblica: più del 56% delle persone pensa che la qualità dell’aria respirata nell’ultimo decennio sia andata peggiorando; in Italia questa percezione è condivisa dall’81% della popolazione e il sentimento comune è che servano nuove misure per contrastare il fenomeno ma soprattutto che le amministrazioni pubbliche debbano prendere con maggior responsabilità ed impegno gli obiettivi prefissati, a differenza di quanto fatto fino ad ora.
A confermare l’inefficacia degli interventi messi in campo fino ad ora ci sono i dati aggiornati sull’inquinamento nelle città italiane. Come ogni anno anche nel 2012 in tutte le principali città italiane sono stati superati i livelli di polveri fini (PM10). Sono 52 le città, tra le 95 monitorate da Legambiente nell’ambito della classifica ‘PM10 ti tengo d’occhio’, che hanno superato il bonus di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 microgrammi/metro cubo stabilito dalla legge. Alessandria, Frosinone, Cremona e Torino sono le prime città classificate, rispettivamente con 123, 120 e 118 giorni di superamento. Tra le prime dieci città anche Milano con 106 giorni di superamento. In generale è l’area della Pianura Padana a confermarsi come la zona più critica con 18 città tra le prime 20 posizioni che ricadono nelle regioni di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Ma non è solo il nord a soffrire di elevati livelli di inquinamento nelle città. Al ventesimo posto troviamo infatti Napoli con 85 giorni di superamento e a seguire Cagliari (64), Pescara (62), Ancona(61), Roma (57) e Palermo (55).
Oltre al PM10, con l’entrata invigore del Decreto legislativo155/2010, le città sono obbligate a monitorare anche la frazione più leggera e più pericolosa delle polveri, ovvero il PM2,5 (il particolato costituito da particelle con diametro inferiore ai 2,5 micron). Nonostante il monitoraggio sia obbligatorio già dal 2011 e sia fissato il valore obiettivo di 25 microgrammi/metro cubocome media annuale, ancora oggi sono disponibili i dati di poche città. Tra quelle monitorate da Legambientei valori del PM2.5 sono fuori norma in 22 città (52%). Al primo posto ancora una volta le città dell’area padana: Torino, Padova, Lecco, Milano e Brescia con un valore medio annuo compreso tra 35 e 32 microgrammi/metro cubo.
Tra gli altri inquinanti che continuano a minacciare la qualità dell’aria troviamo poi gli ossidi di azoto, che in 24 delle 83 città monitorate dal rapporto 2012 di Legambiente Ecosistema Urbano, hanno superato la concentrazione media annua di 40 microgrammi/metro cubo stabilita dalla legge. Firenze, Torino, Milano e Roma sono ai primi posti della classifica.
Infine a preoccupare maggiormente nei mesi estivi, ci sono i livelli di ozono che risultano elevati in 44 delle 78 città monitorate da Legambiente nel rapporto Ecosistema Urbano.
È stata la stessa Comunità Europea a chiedere all’Italia misure risolutive per ridurre l’inquinamento atmosferico. Il 19 dicembre 2012 è arrivata la sentenza da parte della Corte di Giustizia Europea che ha accolto il ricorso presentato dalla Commissione europea per l’inadempienza dell’Italia avendo omesso di provvedere, per gli anni 2006 – 2007, affinché le concentrazioni di PM10 nell’aria ambiente non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori limite fissati all’art.5, par. 1, della direttiva 1999/30CE, venendo meno ai suoi obblighi.
A preoccupare la Comunità europea non è solo l’inquinamento atmosferico, ma anche gli elevati livelli di rumore a cui siamo quotidianamente esposti nelle città. Uno studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente olandese all’istituto di ricerca indipendente TNO mette in risalto che l’inquinamento acustico prodotto dal traffico causa danni al 44% della popolazione UE e costa 326 miliardi alla sanità comunitaria. In Italia, stando ai dati riportati dall’Agenzia europea per l’ambiente, le città più rumorose sono Bari, Napoli, Roma, Bologna, Genova e Torino.
Le cause dell’inquinamento atmosferico e acustico sono conosciute da tempo. Sono i processi industriali e di produzione di energia e in città prevalentemente il traffico veicolare e i riscaldamenti, le principali fonti di emissione di polveri fini, ossidi di azoto, dei precursori dell’ozono o di altri inquinanti come gli idrocarburi policiclici aromatici o il monossido di carbonio e del rumore. Questi sono quindi i settori su cui bisogna intervenire.
L’esigenza di mettere in campo politiche per una mobilità nuova a partire dai contesti urbani è diventata inderogabile non solo per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città. L’Italia è il Paese europeo con la più alta densità di automobili. Ogni anno il governo stanzia oltre 400 milioni di euro per il trasporto su gomma mentre potrebbe dirottare quei soldi sull’implementazione dei servizi per la mobilità collettiva e per il trasporto su ferro.
La penuria di risorse economiche non è sufficiente – sostiene Legambiente – a spiegare la brusca e preoccupante battuta d’arresto delle politiche ambientali urbane. C’è, prima ancora di quella economica, una crisi della capacità di fare buona amministrazione che investe troppe realtà locali. Una crisi della capacità di innovazione, del coraggio, delle scelte utili che frena oggi quegli interventi necessari a rendere più sostenibili le realtà urbane e, insieme, nega la fuga prospettica in avanti, una visione netta e trasparente del futuro.
In diversi comuni capoluogo alla preoccupazione per un’emergenza contemporanea -ora lo smog, ora i rifiuti, ora lo sprawling, l’inefficienza energetica, quella del trasporto pubblico, quella dei servizi – si accompagna l’impossibilità di riuscire a rintracciare, tra i programmi politici, tra i singoli interventi sul territorio e tra le parole degli amministratori un filo conduttore, un quadro d’insieme che componga il puzzle e che offra l’immagine di quello che sarà la città nel futuro, cosa potrà diventare, se finalmente il territorio comunale sarà considerato e trattato come un vero e proprio ecosistema urbano e non come una sommatoria di zone, funzioni e responsabilità scollegate tra loro.