Appuntamento con il bio, i numeri del report “Bio in cifre” e i commenti dei protagonisti del settore

Appuntamento con il bio

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L’Italia del bio continua a crescere e consolida la sua leadership a livello europeo. Nel 2023, infatti, le superfici agricole coltivate con metodo biologico hanno raggiunto i 2,46 milioni di ettari, con un incremento del 4,5% rispetto all’anno precedente e l’incidenza della SAU biologica ha sfiorato il 20%, come a dire che un ettaro su cinque di SAU agricola è biologico, avvicinando ulteriormente l’Italia l’obiettivo del 25% al 2027 previsto dal Piano strategico nazionale della Pac. Obiettivo peraltro già centrato e superato da sei regioni: la Toscana (lanciatissima nel bio, con un’incidenza di superficie bio su Sau totale che arriva al 37%), il Lazio (27%), la Sicilia (30,7%), la Calabria (36,3%), le Marche (28,2%) e la Basilicata (27,6%).  Questi segnali positivi, che, seppure al di sotto dei tassi di crescita degli anni passati, dimostrano una tenuta del settore, arrivano dal rapporto “Bio in cifre”, curato da Ismea in collaborazione con Ciheam Bari, e presentato nella suggestiva location delle antiche scuderie Odescalchi a Bracciano, in occasione dell’ormai tradizionale “Appuntamento con il bio”. Il rapporto evidenzia inoltre l’aumento degli operatori biologici, arrivati a quota 94.441 (+1,8% rispetto al 2022) e della spesa per gli acquisti domestici di bio, volata a 3,8 miliardi di euro, con un + 5,2% in valore sul 2022, seppure a fronte di volumi invariati. Si attesta al 3,5% la quota bio sul valore dell’agroalimentare, in leggero calo rispetto al 2022. Frutta, ortaggi e latte e derivati, complessivamente, rappresentano più di due terzi di tutti i consumi biologici in valore.

Aumentano prati e pascoli pascoli mentre diminuiscono le produzioni cerealicole

Nel dettaglio, il rapporto “Bio in cifre” evidenzia una SAU biologica prevalentemente orientata a seminativi (42,1%), davanti a prati e pascoli (29,7%), colture permanenti (22,8%) e ortaggi (2,5%). La crescita delle superfici ha riguardato soprattutto prati e pascoli e colture industriali e foraggere, mentre hanno perso ettari le proteiche e le produzioni cerealicole. Crescono, seppure a un ritmo più attenuato, le ortive, in un’annata che ha invece confermato la superficie bio complessiva delle coltivazioni permanenti, nonostante le riduzioni di viti, agrumi e frutta fresca, compensate dagli incrementi di ulivi e frutta in guscio.

L’incremento della SAU ha riguardato principalmente le regioni centrali e settentrionali

Il Mezzogiorno mantiene tuttora l’incidenza più elevata, con il 58%, ma si sta assistendo a un graduale riequilibrio della distribuzione geografica delle superfici, con la ripartizione del Centro- Nord che ha quasi raddoppiato in 10 anni gli investimenti nel bio. “L’incremento della SAU bio è positivo – ha commentato il dirigente Ismea, Fabio Del Bravo illustrando i dati – ma occorre supportare gli operatori, motivandoli a rimanere nel sistema”. “Il sostegno può essere dato – ha spiegato Del Bravo – semplificando l’accesso alla Pac e il sistema amministrativo e di certificazione”.

Il Governo punta alla sinergia tra marchio Made in Italy e bio

“Il Made in Italy e il biologico sono i due punti di forza che dobbiamo sempre più valorizzare sui mercati ed è su questo che stiamo investendo”, ha detto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida in un video messaggio che ha seguito l’apertura dei lavori, con i saluti portati dal sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi, e dal presidente Ismea, Livio Proietti. “ Il Made in Italy è una certificazione di qualità – ha aggiunto il ministro Lollobrigida – e insieme al bio può entrare nei mercati particolarmente sensibili sul tema e dare il giusto valore ai prodotti. Prodotti che, evidentemente, devono essere sempre più percepiti e giudicati dal consumatore non solo per il loro prezzo ma anche su quello che c’è dietro in termini di rispetto dell’ambiente e del lavoro. Ed è proprio su questo che intendiamo investire”.

La questione dei consumi interni

Il sottosegretario MASAF con delega al biologico Luigi D’Eramo è intervenuto ai lavori di “Appuntamento con il Bio” (che ha offerto inoltre uno spaccato sull’esperienza del biodistretto dei laghi di Bracciano e Martignano illustrata dalla presidente Barbara Giorgi, ndr), evidenziando come il modello di agricoltura bio “può essere protagonista di un progetto di sviluppo virtuoso di molte aree, specie quelle interne e di montagna, coniugando sostenibilità, valorizzazione dei prodotti tipici e dei territori, sicurezza alimentare e salute, garantite da regole e controlli”. “ Rimane centrale la questione dei consumi interni – ha aggiunto D’Eramo – Dal loro rilancio dipende il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che ci siamo posti come Paese”.

Prosegue intanto il lavoro, ha rifertito D’Eramo, per realizzare il Marchio del biologico italiano. “Che non deve essere un marchio e basta – ha sottolineato il sottosegretario – ma un marchio riconoscibile dal grande pubblico e in grado di raccontare la qualità e la tradizione delle produzioni Made in Italy. Unito a una corretta informazione e comunicazione, potrà dare nuovo slancio al settore per continuare così anche in futuro ad essere un modello di riferimento”.

I commenti dalle Associazioni e Organizzazioni professionali di settore

Nei talk show organizzati ad “Appuntamento con il Bio” con le Associazioni e le Organizzazioni professionali di settore, hanno esposto le loro riflessioni Giuseppe Romano,– presidente AIAB, Nicoletta Maffini, presidente AssoBio, Riccardo Cozzo, presidente Ass.o.cert.bio, Mariagrazia Mammuccini, presidente FederBio, Francesco Torriani, Coordinatore del settore bio dell’ Alleanza cooperative agroalimentari italiane, Fabio Chessa, responsabile biologico Cia Anabio, Ignazio Cirronis, presidente Copagri – Anaprobio, Francesco Giardina, direttore di Coldiretti Bio e Silvia Piconcelli, responsabile agricoltura biologica Confagricoltura.

“Come AIAB – ha osservato il presidente Giuseppe Romano – vogliamo rimettere al centro del ragionamento gli agricoltori, che sono il fulcro di tutto il sistema. Riteniamo che gli agricoltori debbano essere valorizzati e aiutati, anche con una serie di procedure di sburocratizzazione e semplificazione che possano consentire di produrre a lavorare in tranquillità”.

“Il settore ha perso entusiasmo, bisogna lavorare per far ripartire l’entusiasmo” – ha detto la presidente di AssoBio, Nicoletta Maffini. In particolare, secondo Maffini, “bisogna insistere sui temi della comunicazione per spiegare ancora una volta, in maniera chiara, esattamente cosa c’è dietro il marchio del biologico, che ancora non è così conosciuto, e tutto il processo produttivo, dal campo alla tavola. Ogni anello della catena ha bisogno di essere supportato, con una maggiore chiarezza”. Anche sull’importanza delle mense bio, ha aggiunto la presidente di Assobio – “attuerei una campagna di informazione che parta dalla scuola materna”.

Per imprimere spunta propulsiva al settore, secondo la presidente FederBio Maria Grazia Mammuccini, occorre agire su diversi fattori: semplificazione burocratica, ricerca, innovazione, formazione e assistenza tecnica, organizzazione della filiera con l’obiettivo del “giusto prezzo” attraverso la rapida attuazione del Piano d’Azione nazionale per il bio e delle misure del Piano Strategico italiano della Pac”. “Occorre inoltre stimolare la domanda dei consumi bio – ha osservato Mammuccini – sensibilizzando i cittadini sulle ricadute positive che il biologico comporta per l’economia, la salute delle persone e dell’ambiente. Inoltre è fondamentale semplificare le procedure per ridurre i costi di consulenza e supporto legati alla certificazione, che vanno ad aggravare e penalizzare soprattutto le piccole e medie aziende bio italiane, che rappresentano la storia del biologico”.

Cristina Latessa

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