Il biologico in Italia prosegue la sua crescita in superfici investite e numero di operatori coinvolti, ma mostra i primi segnali di cedimento dei consumi, riflesso della perdita di potere d’acquisto delle famiglie, aggravata dalla forte spinta inflazionistica degli ultimi mesi. In Italia, confrontando il periodo gennaio-maggio del 2021 e del 2022, emerge che le vendite di bio sono diminuite dell’1,9%. Un dato in netta controtendenza con il totale delle vendite di generi alimentari che, per contro, sono cresciute del 2,3% e dell’1,3% negli stessi periodi presi in esame.
“Abbiamo un mercato in stagflazione – spiega Raffaele Zanoli, docente al Politecnico delle Marche al sito specializzato Greenplanet.net (vedi news) – Ossia che vede la concomitanza di due fenomeni, la stagnazione e l’inflazione. In queste condizioni non sappiamo cosa potrà accadere nella seconda parte dell’anno. Se ci sarà una crescita potrebbe essere dovuta al maggior prezzo del prodotto biologico. Contemporaneamente è vero che cresce l’export, ma la quota di export bio dentro la corsa ai mercati esteri rimane sempre stabile”.
Mentre Bruxelles conferma il pacchetto ‘Green Deal’, col target del 25% della superficie europea a bio entro il 2030, l’Italia nel frattempo si è dotata, dopo un lungo e travagliato iter, di una legge nazionale sull’agricoltura biologica, destinando cospicue risorse al settore nella programmazione 2023-2027 della nuova PAC. Ma è evidente che tra inflazione, guerra e siccità si allungano lunghe ombre sul futuro del comparto.
La superficie biologica italiana è aumentata del 4,4% nel 2021, arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari (fonte Sinab Ismea). Il mantenimento di questo ritmo di crescita anche nei prossimi anni permetterebbe di raggiungere i 2,7 milioni nel 2027 e toccare i 3 milioni al 2030, valore prossimo al target del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio. Il quadro nazionale non è tuttavia omogeneo tra le diverse Regioni, con alcuni territori come, ad esempio, Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%) in cui le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora e altri come la Sicilia, che pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo.
Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%). Sul fronte della spesa alimentare di prodotti biologici, nel 2021, si è registrata per la prima volta una riduzione degli acquisti di alimenti e bevande bio, e anche le prime indicazioni sull’anno in corso non lasciano ben sperare. Dopo l’ottima performance del 2020 (+9,5), lo scorso anno il valore della spesa si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,3 miliardi, anche se è rimasta invariata l’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%).
Lorenzo Frassoldati
Fonte: QN-QUOTIDIANO NAZIONALE inserto AGROECONOMY