Il settore dell’apicoltura di Zafferana Etnea, in provincia di Catania, nota come capitale italiana del miele, ha attivato, da qualche mese, un processo di tutela delle api dal rischio estinzione e partecipa al progetto delle Università di Catania e Palermo per la reintroduzione dell’ape nera siciliana, una razza più resistente agli erbicidi rispetto a quella oggi più diffusa e denominata ‘mellifera ligustica’, che riporterà sulle nostre tavole il miele dai sapori di una volta e soprattutto dalle eccezionali proprietà nutraceutiche che sembravano perdute.
I produttori di Zafferana, inoltre, sono pronti ad entrare nel presidio Slow Food aperto nel 2008 legato alla tutela e alla produzione di miele da Ape nera sicula.
Ce ne parla Ettore Barbagallo presidente regionale dell’Associazione Nazionale Amici della Terra (riconosciuta dal ministero dell’Ambiente), agronomo e titolare dell’omonima azienda agraria di Catania con produzione di miele. L’associazione regionale gestisce anche la Casa delle Farfalle a Viagrande, sempre in provincia di Catania, e il Parco della Mitologia a Zafferana Etnea.
“L’Associazione Amici della Terra ha avviato una campagna di sensibilizzazione per salvare le api dalla scomparsa” conferma Barbagallo. “A seguito dei problemi rilevati dai produttori negli ultimi anni, emerge un forte rischio di perdita della biodiversità rappresentata dalle stesse api e dalle specie vegetali, spontanee o poco coltivate, che dipendono dalle api per l’impollinazione. Non verrebbe meno solo la produzione di miele a scopo alimentare, ma soprattutto sarebbe ridotta drasticamente la produzione di frutta e verdura con impollinazione entomofila che rappresenta oltre il 70 % del totale”.
Attualmente a Zafferana Etnea c’è lo stesso numero di famiglie/arnie di 5 anni fa (circa 150 mila) ma il problema è che si stima che, in questo stesso periodo, si è passati da 50 mila api per arnia a 20-30 mila. In pratica, ogni arnia rende il 30-40% in meno rispetto a 5 anni fa passando da 30 Kg/arnia a 18/20 fino ad arrivare al dato eccezionale del 2019 quando si è registrata una perdita del 50% su una stima di produzione annua media di circa 3500 tonnellate/anno nell’intero comprensorio di Zafferana Etnea.
“Tra le cause principali della moria di api – precisa Barbagallo – ci sono l’uso indiscriminato di pesticidi e antiparassitari, i cambiamenti climatici, la perdita di aree naturali e biodiversità vegetale, nuovi parassiti tra cui l’acaro Varroa Destructor che attacca soprattutto l’ape ligustica. Per affrontare una situazione del genere servirebbe scegliere quanto più possibile un’agricoltura sostenibile. La manutenzione e la realizzazione delle aree verdi pubbliche e private dovrebbero prevedere una percentuale di essenze naturali spontanee che costituiscono cibo per insetti e un enorme patrimonio di biodiversità. Optare, inoltre, per il consumo di prodotti locali (miele e prodotti vegetali), possibilmente biologici, stagionali e legati alla tradizione locale”.
In questo senso, il progetto di reintroduzione tramite allevamento dell’ape nera sicula, una sottospecie autoctona a rischio estinzione, raggiunge un triplice scopo. Tutela della biodiversità rappresentata dal suo patrimonio genetico, produzione di miele di alta qualità nutrizionale (con una componente di antiossidanti 10 volte maggiore rispetto al miele prodotto dall’ape ligustica), maggiore resistenza al clima e alla Varroa.
“Grazie all’impegno di alcuni ricercatori di Palermo – chiosa Barbagallo – si sta cercando si salvarla dall’estinzione e anche i produttori di Zafferana Etnea puntano ad entrare nel presidio Slow Food, costituito nel 2008 con la partecipazione di un centinaio di apicoltori associati di tutta la regione”.
Mariangela Latella