A Cibus Connecting 2023 i nuovi pack sostenibili puntano su soluzioni monomateriale

Cibus Connecting 2023

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Da una start up londinese, Epich Biosystem, arrivano gli enzimi in grado di ‘digerire la plastica’ trasformandola, attraverso un processo chimico, da polimero a monomero, un olio, che è tra i componenti utilizzati per la fabbricazione della plastica. In sostanza la start up, che opera in un’ottica di economia circolare legata al riuso della plastica esistente, ha scoperto il processo inverso alla produzione della plastica, facendo regredire i polimeri ai componenti primari con cui sono stati costruiti.

É una delle più strabilianti novità in tema di packaging emerse dall’ultima edizione di Cibus Connecting 2023 che si è tenuta a Fiere di Parma il 29 e 30 marzo scorsi.
“Questa specie di olio che deriva dalla ‘digestione’ della plastica, per usare un linguaggio estremamente semplificato – spiega Antonio Grifoni del team di investimento di Plug and Play tech Center, azienda che investe in start up innovative con quartier generale nella Silicon Valley e sedi in tutto il mondo -, può essere poi riutilizzato in vari settori, da quello cosmetico, a quello della plastica fino a quello del food dal momento che l’olio non è nocivo”.

La start up Epich Biosystem, fondata da giovani ricercatori inglesi (media di età trent’anni), promette di rivoluzionare il mondo del riciclo della plastica attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

“I ricercatori di Epich Biosystem – dice Grifoni – hanno creato una piattaforma su cui sono stati caricati molti enzimi. Chiaramente hanno lavorato solo su quelli esistenti già studiati nella letteratura scientifica, perché in natura ce ne sono di miliardi. Quelli individuati e caricati sulla piattaforma sono stati analizzati in maniera tale da capire come sono strutturati geneticamente e quindi come sia possibile intervenire a livello di DNA di modo da renderli compatibili con i vari tipi di plastica. L’intelligenza artificiale, in sostanza, fa dei match tra i vari enzimi e i diversi tipi di plastica, individuando quelli che possono essere ‘digeriti’ e quali enzimi possono ‘digerirli’.
Plug and Play è una multinazionale dell’innovazione che vola alto. È stata quella, per intendersi, che ha investito all’inizio su PayPal o Dropbox e lavora con le più grandi multinazionali al mondo (da CocaCola a Pepsi Co, da Mercedes a Barilla), mettendole in contatto con le start up in grado di rispondere ai loro obiettivi strategici nel campo dell’innovazione.

Un’altra grande novità arriva anche sul fronte del packaging traspirante, adatto cioè per quei prodotti freschi, come le insalate di IV Gamma, che hanno bisogno di essere protetti in atmosfera modificata.
L’azienda Qwarzo, di Rovato in provincia di Brescia, ex start up che in soli cinque anni è diventata alla SPA, ha sviluppato una tecnologia che applica il quarzo alla carta attraverso un processo di coating che rilascia di fatto sul pack di cartone uno strato sottilissimo di silice, un minerale che permette di mantenere l’atmosfera controllata senza tuttavia modificare la destinazione di smaltimento della carta.

“La nostra ricerca – spiega Mauro Montepiani, key account manager di Qwarzo – si rivolge al mondo dei packaging monouso per la pasticceria, ad esempio, o la gelateria, la caffetteria, al mondo dell’Horeca. Facciamo palette, cucchiaini, anche cestini con i quali stiamo anche testando la possibilità di realizzare vaschette per le insalate arricchite di IV Gamma che una volta usate andrebbero smaltite nella carta. Stiamo lavorando anche per i nuovi incarti sostenibili di McDonald”.

Purtroppo ancora oggi molte delle principali innovazioni sul packaging, se si guarda al mondo del fresco, hanno dei costi molto alti e quindi un’incidenza assolutamente insostenibile sul costo rispetto alla materia prima, ma, per molte di esse si tratta solo di una questione di tempo e soldi. Quelli necessari a fare lo scale up industriale, avviando delle economie di scala per rendere sostenibili anche i prezzi.

Si pensi, ad esempio, all’innovazione proposta dal Krill Design che può portare alla realizzazione di packaging oltre che completamente biodegradabili anche commestibili attraverso l’uso della stampa 3D.
“Abbiamo brevettato un biopolimero – ci dice Marco Di Maio, operation manager e fondatore dell’azienda – realizzato mixando gli scarti o i sottoprodotti dell’industria del food and beverage, che trasformiamo in polvere finissima simile alla farina, con un biopolimero simile al Mater-Bi e quindi compostabile e biodegradabile. Il mix ha ha un contenuto organico (la polvere) molto alto, fino anche al 60%. Si tratta di una soluzione altamente innovativa che si colloca nel mondo dei packaging del futuro perché il materiale è anche traspirante. Fino ad ora però non abbiamo realizzato degli output specifici. Servirebbe un grande investitore industriale. Inoltre il problema è che la stampa 3D è molto lenta per cui occorrerebbe aspettare lo scale up industriale”. Per realizzare una vaschetta la macchina ci mette circa cinque ore e l’azienda, con le sue 40 macchine ha una capacità di circa 200 vassoi al giorni. “Per velocizzare il processo di stampa in 3D – specifica Di Maio – stiamo lavorando ad una tecnologia di stampa 3D ad iniezione. Ossia si realizza uno stampo del prodotto finito dentro cui viene iniettato il biomateriale per crearlo in 3D in maniera velocissima”.

L’azienda Prima Colta, natural smart food, specializzata nella produzione di snack bio, sta lavorando nella direzione di ridurre gli strati di plastica dei suoi snack precotti, naturali e a base vegetale. Come le castagne, ad esempio o i ceci. “A Cibus Connecting – ci ha raccontato Andrea Monte, responsabile marketing, progettazione e sostenibilità dell’azienda oltre che co-fondatore del brand – presentiamo per la prima volta i Semplicibi, snack bio rappresentati da un piatto unico di cereali e legumi cotti al vapore con olio extravergine di oliva e sale, pronto da gustare, in tre referenze diverse. Con questa linea abbiamo fatto un passo avanti nel processo di sostenibilità del packaging. Per tutti i nostri prodotti usiamo un packaging flessibile che è comunque più sostenibile di un rigido. Il processo di sostenibilità su cui stiamo lavorando è quello di eliminare gli strati di plastica. Lo standard delle nostre confezioni, cosiddetto quadruplice, è composto da quattro strati di cui tre di plastica e uno di allumino. In questo senso abbiamo ridotto il contenuto di packaging, rimpicciolendolo a parità di contenuto. Con i semplici abbiamo eliminato lo strato di alluminio e adesso stiamo già sviluppando, con un partner europeo, una soluzione monomateriale, ossia un pack composto da un unico polimero (polipropilene), che è il polimero più sicuro in ambito alimentare. Stiamo lavoirando per superarne le criticità, quali ad esempio il fatto che non sopporta i trattamenti termici. L’obiettivo è di arrivare ad utilizzarlo per tutti i vegetali che subiscono anche un trattamentotermico. Trattandosi di un monopolimero è molto più facile da riciclare anche se garantisce una shelf-life di 4-6 mesi contro i 12-18 mesi delle altre confezioni che abbiamo”.

Mariangela Latella
maralate@gmail.com

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