Piccoli mostri nell’armadio: Burberry non c’è

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Il marchio britannico di abbigliamento Burberry si è impegnato il 29 gennaio con Greenpeace e con tutti i propri consumatori a eliminare le sostanze chimiche pericolose dai propri prodotti. La decisione arriva dopo due settimane di pressione da parte dei consumatori in tutto il mondo, da Pechino a Roma a Città del Messico, sia attraverso i social media che con iniziative dei volontari di Greenpeace.

‘Burberry ha fatto la mossa giusta e ha mantenuto la sua reputazione, seguendo l’esempio dato da Valentino un anno fa a tutte le case di alta moda con l’impegno a eliminare le sostanze chimiche pericolose. È la prova che i grandi marchi ascoltano la voce dei consumatori quando questi si fanno sentire. Ora ci attendiamo passi concreti dell’azienda per garantire vestiti più sicuri per l’ambiente e la salute’, ha subito commentato Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia.

Burberry si è pubblicamente impegnata ad eliminare tutte le sostanze chimiche pericolose prima dall’abbigliamento e poi dal resto dei propri prodotti entro l’1 gennaio 2020. Già a giugno di quest’anno l’azienda inizierà a rendere note le informazioni sulle sostanze chimiche contenute negli scarichi in acqua dei suoi fornitori nel mondo ed entro l’1 luglio 2016 eliminerà tutti composti perflorurati e polifluorurati dalla sua filiera, sostanze usate per impermeabilizzare i tessuti.

Solo pochi giorni fa Greenpeace Asia ha pubblicato il rapporto ‘Piccoli mostri nell’armadio’ (scarica il rapporto a questo link) , rivelando la presenza di sostanze chimiche pericolose in vestiti e calzature per bambini di grandi marchi come Burberry, Disney e Adidas. Molte di queste sostanze chimiche sono ora diffuse nell’ambiente, dopo anni di scarichi nei fiumi, sia da parte delle fabbriche che anche dalle nostre case, con i continui lavaggi.

‘L’impegno di Burberry dovrebbe dare la sveglia a tutti marchi dell’alta moda. Con la Settimana della Moda di Milano ormai alle porte ci chiediamo cosa aspettano marchi come Gucci, Versace e Louis Vuitton a passare dalla parte di coloro che stanno lavorando per garantire a noi e ai nostri figli un futuro libero da sostanze tossiche’, ha concluso Chiara Campione.

 

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