‘E’ come se parlassi al muro!’. Quante volte ci siamo trovati delusi, affranti a combattere contro muri di gomma, del marito o di un figlio. La sensazione
che ne deriva ha il sapore amaro dell’incomprensione. I ritmi vorticosi della vita di ogni giorno sono barriere, ma non basta.
Stare in relazione con l’altro implica così tanti piani e tante complessità che occorre:
a) portare pazienza;
b) educarsi e rieducarsi, nel senso di fare una formazione per una nuova competenza emotiva e relazionale.
L’ECOLOGIA NELLE RELAZIONI
La comunicazione ecologica, proposta nel 1992 dal prof. Jerome Liss, prova a incrementare due fattori in particolare:
1) all’interazione concorrono tutti i membri della famiglia che portano nello scambio qualcosa di personale e profondo;
2) l’interazione sé-altro è fisiologico che presenti aspetti positivi e anche negativi, parti logiche e chiare e altre irrazionali e confuse. In altre parole, la comunicazione ecologica non è limitata, bensì di insieme, sistemica, di relazione, dove la verità non è fissa e non sta da una parte sola. Ecologica perchè in movimento, perchè nel vivo dei dilemmi, perché interattiva, più pulita e costruttiva. Ecologica perchè diretta, perchè tende ad applicare i principi ecologici alle relazioni umane:
– coltivare il meglio di ogni persona (la biodiversità);
– mantenere un’armonica coesione di gruppo (l’ecosistema);
– perseguire gli obiettivi comuni.
L’ecologia nelle relazioni vuol dire quindi avvicinare sé all’altro e considerare il negativo un’opportunità sulla strada verso il positivo. “Al cambiamento – introduce Jerome Liss – ci arriviamo passando attraverso le realtà di tutti i giorni, dando voce a disagi, blocchi e delusioni”. Ma per fare ciò occorrono alcuni metodi, un po’ di buona pratica emotiva e relazionale, che dal 2007 in Italia la Scuola Facilitatori sta divulgando.
Per esempio, tre funzioni chiave per la comunicazione efficace nella famiglia:
– Saper ascoltare con più attenzione;
– Saper scorgere negli aspetti negativi risorse e crescita;
– Saper criticare senza distruggere.
SAPER ASCOLTARE CON PIÙ ATTENZIONE
L’esercizio in famiglia può essere quello dell’ascolto attivo. È un ascolto amplificato che tende a percepire non solo le parole ma anche i pensieri, lo stato d’animo, il significato personale; l’amplificazione è data da un uso consapevole e discreto del linguaggio corporeo; gli strumenti dell’ascolto attivo sono cinque:
– ascolto basato sul silenzio, si tratta di tacere e non interrompere;
– prestare attenzione, attenzione fisica e attenzione psicologica;
– riconoscimento dell’altro, evitare le disconferme;
– frasi-invito (o apri-porte) che offrono l’opportunità di parlare (“dimmi cosa
succede?”, “ti va di parlarne?”, “parla…ti ascolto”);
– feedback di accettazione, riformulare il messaggio dell’altro, immedesimarsi
per coglierne il senso senza giudicare (“mi immagino come puoi stare…”).
SAPER ACCOGLIERE ASPETTI NEGATIVI
Nella rabbia, nel disagio, nella chiusura ci sono aspetti di sicuro fastidio, ma possiamo imparare a scorgerne anche opportunità e risorse. Per esempio, in famiglia può essere interessante affrontare problemi, difficoltà o errori con tre passi, composti da esplorazione-sosta-soluzione. In particolare per esplorare, prima di emettere giudizi e sentenze, un metodo semplice è rappresentato dalla parola chiave. La parola chiave è quella parola significativa che l’ascoltatore
può restituire all’emittente per cercare di “entrare nel suo discorso”: per sintetizzare e comprenderlo meglio; per esplorare idee e vissuto. Un esempio: uno scambio tra un figlio e una madre.
F: Non succede mai niente di buono intorno a me! E’ uno schifo…
M: Uno schifo, dici. In cosa in particolare, se ti va di parlarne…
F: I miei amici non fanno che bere birra, bere birra e basta.
M: Dici, bere birra. E questo come ti fa sentire?
L’esplorazione e la sosta nella difficoltà sono momenti di forte intensità, il ragazzo si sente ascoltato e non giudicato, si può aprire perché dall’altra parte non trova la censura o un’inibizione.
SAPER CRITICARE SENZA DISTRUGGERE
E qui ci riferiamo alla cosiddetta critica costruttiva, criticare senza distruggere. La critica costruttiva è un metodo composto da passi efficaci:
1. chiedere permesso;
2. mirare la critica;
3. aggiungere come ci si sente;
4. andare verso passi di soluzione;
5. accordarsi.
Un esempio: due amici che vanno al cinema insieme, uno di loro, senza avvisare, arriva in ritardo. L’amico “A” è stato ad aspettare e quando “B” arriva,
prova in questa maniera a far valere le sue giuste ragioni.
A: Una critica te la devo…il tuo ritardo…mi fa sentire come l’ultima ruota del carro, la prossima volta mi devi avvisare subito, va bene?!, così possiamo pensare di uscire ancora insieme!
Per concludere, i tre metodi qui illustrati sono semplici ma anche difficili, per questo occorre che in particolare i genitori, gli adulti, i membri delle associazioni possano avere alcuni strumenti pratici rudimentali per facilitare le loro relazioni quotidiane, in famiglia e al lavoro. E’ proprio questo il programma della Scuola Facilitatori che organizza giornate introduttive per divenire “facilitatori pratici”, soggetti competenti nella critica, nell’ascolto e nello scambio.
Pino De Sario (l’Aromatario)
direttore Scuola Facilitatori,
psicologo sociale
e-mail: pinodesario@gmail.com