L’eco-management rappresenta una nuova opportunità per i giovani.
È quanto è emerso dall’intervento di Eduardo Salvia – managing partner di Odgers Berndtson, secondo network europeo e tra i primi al mondo nell’Executive Search (fonte: Financial Times) – alla tavola rotonda di venerdì 20 gennaio a Milano, dal titolo ‘Le energie rinnovabili: un contributo essenziale allo sviluppo di un modello macroeconomico sostenibile’.
‘Nelle organizzazioni italiane c’è bisogno fin da ora di almeno 3mila ‘eco-manager’ – ha spiegato Salvia – Per ‘eco-manager’ si intende non tanto l’Energy manager, ma il manager che, in qualunque azienda operi, è chiamato ad agire con criteri eco’.
Le prospettive di crescita del top management ‘green’ sono col segno + non solo nel nostro Paese, ma anche in Europa e nel mondo. In Italia solo gli energy manager sono oggi circa 2650 (dati FIRE, Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia), e la cifra è destinata a crescere di almeno dieci volte.
Secondo Confindustria nell’efficienza energetica saranno disponibili 1.6 milioni di posti lavoro in 8 anni. In Europa, entro il 2020 nelle energie verdi si parla di 2 milioni e 800mila addetti.
Per l’UNEP (l’agenzia delle Nazioni Unite per l’ambiente), nei prossimi vent’anni, la previsione dello sviluppo delle figure manageriali che avranno a che fare con l’energia nel mondo è di 8 milioni di posti lavoro. Un boom che ha delle ragioni precise. Una legislazione severa, i vincoli di risparmio energetico, l’esigenza di sostenibilità dei cicli di lavorazione e le aspettative dei consumatori fanno dell’eco-manager una delle figure con maggior aspettativa di crescita. Gli incentivi statali non sono quindi l’unica leva. Un’azienda governata secondo gli standard green – per esempio dotata di certificazioni ambientali – è in vantaggio sui suoi competitor nel partecipare a bandi di gare, così come nell’intercettare i nuovi trend del mercato.
Quali competenze deve avere un green manager? ‘È un ruolo di board – spiega Salvia – che sa interpretare in chiave ‘verde’ produzione, organizzazione e mercato facendo del ‘green’ un principio di governance. Le sue competenze dunque sono trasversali. Deve mantenere costanti legami con i vari settori dell’impresa: produzione, acquisti, logistica, marketing e comunicazione. E deve anche diffondere la cultura verde in azienda, sensibilizzando i dipendenti’.
‘Un eco manager – prosegue Salvia – verifica che tutti i processi avvengano secondo i disciplinari di qualità ambientale; supervisiona l’applicazione dei criteri di efficienza energetica; si assicura che il marketing sappia valorizzare il surplus green del prodotto e dell’azienda. Ha come alleati strategici gli esperti green: gli eco-auditor, che controllano gli impianti produttivi e la tipologia di rifiuti pericolosi, il risk manager, a cui spetta il compito di individuare i punti deboli e i rischi delle attività commerciali, e l’energy manager, lo specialista dell’ottimizzazione dell’uso dell’energia’.
La formazione accademica di una figura di questo tipo è varia: utilissime, ma non imprescindibili, le lauree specialistiche in ingegneria gestionale ed economia. Trovano un loro perfetto inserimento nel mondo del management green gli ingegneri del controllo ambientale e i laureati in economia con un master in comunicazione ambientale, così come i laureati in filosofia e in scienze fisiche.
Una cosa è certa: ‘Dobbiamo pensare l’eco-manager come un manager del futuro, che non viaggia più su binari preconfezionati, ma sa modellare conoscenze, competenze ed esperienze su una realtà in continua evoluzione. Non basterà più saper stendere un convincente studio di fattibilità: servirà tenersi al passo con la legislazione ambientale e con quanto succede sullo scenario globale. Le caratteristiche in più che un head hunter cerca in un candidato per queste posizioni – conclude Salvia – sono vivacità di pensiero, esperienze in diversi settori e la conoscenza dei processi aziendali’.