“Quando inizi a perdere ogni anno il 50-60% della produzione perché hai scelto di essere biologico, una domanda te la fai.” Con questa affermazione incisiva, Hans Terzer, storico winemaker e oggi consulente della Cantina San Michele Appiano, in un’intervista al Corriere del Trentino, solleva una questione fondamentale per il settore vinicolo, specialmente in un contesto come quello altoatesino.
Negli ultimi anni, il dibattito sulla viticoltura biologica e biodinamica si è intensificato, spinto da una crescente attenzione verso la sostenibilità e il rispetto ambientale. Molti consumatori percepiscono il vino biologico come un prodotto più “naturale” e quindi più salutare, spingendo molti produttori a orientarsi verso pratiche agricole più “pulite”. Tuttavia, per Terzer, questa scelta presenta aspetti complessi e costi elevati che, specialmente in Regioni con climi variabili come l’Alto Adige, rischiano di rendere difficile una produzione sostenibile e di qualità.
La sfida del clima e il costo dell’agricoltura biologica
La produzione biologica, per sua natura, impone l’uso limitato di pesticidi e fertilizzanti chimici, privilegiando trattamenti naturali. Ma in zone come l’Alto Adige, dove l’umidità e i cambiamenti climatici sono in aumento, mantenere questo tipo di coltivazione può significare effettuare trattamenti molto frequenti per evitare infezioni fungine e malattie della vite. Secondo Terzer, è comune per un produttore biologico dover fare fino a 40 trattamenti in una stagione, rispetto ai 15 di un’azienda tradizionale.
Questi numeri non sono solo il frutto di una strategia di marketing, ma rappresentano costi reali e sacrifici significativi che possono ridurre drasticamente la resa delle coltivazioni. Per ogni annata, un’azienda può arrivare a perdere fino al 50-60% della produzione, come afferma Terzer. Tale perdita porta inevitabilmente a interrogarsi sulla sostenibilità economica di queste pratiche, specialmente quando il mercato e i consumatori stessi non sempre sono disposti a pagare di più per un vino biologico.
La via di mezzo di una viticoltura sostenibile
Di fronte a questi problemi, Terzer prevede che molti produttori potrebbero abbandonare l’idea di un biologico certificato, optando per una viticoltura “sostenibile” che consenta un uso selettivo dei trattamenti chimici solo quando strettamente necessario. Questa “via di mezzo” mira a preservare la qualità del prodotto e la sostenibilità economica, senza però sacrificare del tutto l’attenzione verso l’ambiente.
Secondo alcuni esperti, questo tipo di compromesso potrebbe rappresentare un futuro sostenibile per le cantine che operano in aree climaticamente impegnative. La sostenibilità, infatti, non si limita alla scelta di pratiche green ma include anche la capacità di garantire redditività e qualità del prodotto a lungo termine.
Un mercato in evoluzione: cosa vogliono davvero i consumatori?
La riflessione di Terzer tocca un altro punto centrale: il rapporto tra la produzione e il mercato. Anche se il biologico è sempre più popolare, i consumatori non sempre sono pronti a pagare prezzi più alti per sostenere i costi di produzione. A tal proposito, Terzer sottolinea che le scelte di consumo stanno cambiando, con una maggiore attenzione al prezzo e una crescente domanda di alternative alcoliche e prodotti più accessibili.
Se il mercato non supporta adeguatamente la produzione biologica con prezzi giusti, le cantine potrebbero trovarsi a scegliere tra l’adozione di pratiche di compromesso o il ritorno a metodi di coltivazione più convenzionali. Questo aspetto evidenzia una possibile disconnessione tra le aspettative dei consumatori e la realtà della produzione, una problematica che il settore dovrà affrontare nei prossimi anni.
Quale sarà il futuro della viticoltura biologica?
Le parole di Terzer sollevano domande importanti sul futuro della viticoltura biologica e biodinamica in Italia. Mentre molti vedono questi metodi come il prossimo passo verso una produzione più etica e sostenibile, altri, come Terzer, ne evidenziano i limiti e le sfide. La sua visione sembra suggerire che, per le aree con climi difficili, il biologico potrebbe non essere sempre la scelta più sostenibile o vantaggiosa.
Il futuro del vino sembra puntare verso una sostenibilità pragmatica, dove l’equilibrio tra ecologia, qualità e sostenibilità economica potrebbe essere la chiave per un settore resiliente.
La Redazione