Distintività visiva e miglior comunicazione dei benefici: come superare il gap tra intenzioni di acquisto e consumi reali nel bio

Agrinova Bio 2000 (3)

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Dopo cinquant’anni dall’affacciarsi dell’agricoltura biologica in Italia, molta strada è stata fatta in termini di superfici, con 2,5 milioni di ettari dedicati al biologico (quasi il 20% della Sau nazionalee di operatori), quasi a quota 95mila unitàma rimane deludente il dato consumi, con la quota di mercato biologico che si attesta solo al 3,5% rispetto al totale dei consumi nazionaliCosa fare allora per rendere il bio più attraente per il consumatore? Proprio questo tema è stato al centro di un talk show organizzato dal Consorzio Marche Biologiche nell’ambito di un press tour nel cuore bio della pasta marchigiana. Il dibattito “Come il bio diventa attraente” è stato ospitato presso il Monastero di Montebello, lungo la strada che collega Isola del Piano ad Urbino, sede della Fondazione Girolomoni, e luogo da dove partì, per impulso del pioniere del biologico Gino Girolomoni, il rinascimento rurale di un territorio divenuto in poco tempo un importante player di produzione e trasformazione di pasta biologica, grazie all’impegno della Cooperativa Agricola Gino Girolomoni, unica realtà a gestire tutto il processo di produzione della pasta, dal campo alla tavola.

C’è bisogno di fare il punto su cosa è il biologico nella percezione dei consumatori e bisogna migliorare la comunicazione dei valori dei nostri prodotti, abbiamo dato per scontato troppe cose” – ha osservato Francesco Torriani, presidente del Consorzio Marche Biologiche e presidente del settore biologico di Fedagripesca, aprendo i lavori del talk show a cui sono intervenuti Giovanni Battista Girolomoni, presidente della Cooperativa agricola Gino Girolomoni, Rosa Maria Bertino, co-fondatrice e autrice di Bio Bank, Francesco Salustri, ricercatore Dipartimento Economia dell’Università Roma Tre Scuola Economia Civile, Alessandro Cascini, fondatore azienda agricola Semi di Zucca e la Brand Strategist Angela De Marco.

Torriani ha sottolineato che “Non è tuttavia sufficiente rimettere in fila valori e caratteristiche del bio e migliorare la comunicazione. Sicuramente il modello dell’imprenditore agricolo ‘faccio tutto io’ non è più in grado di fare della tradizione un’opportunità, anzi è un limite. Con i costi produttivi che aumentano e le rese che calano per via dei cambiamenti climatici, l’azienda agricola per andare avanti deve fare sistema, deve mettersi in rete, puntare su un approccio di filiera”. “Poi serve anche l’innovazione – ha aggiunto Torriani -, impegnarsi nella ricerca orientata al miglioramento genetico, il comparto deve affrontare la sfida della produttività. Il biobreeding è una frontiera che andrebbe affrontata con maggiore determinazione”.

Per il presidente della Cooperativa Girolomoni, Giovanni Battista Girolomoni che prosegue il lavoro e la visione del padre Gino assieme ai fratelli Samuele e Maria, “il dialogo con chi consuma i prodotti è fondamentale. La Cooperativa è stata avviata proprio con l’intento di costruire un dialogo tra campagna e città, dare dignità al mestiere di agricoltore, figura che negli anni ‘70 era considerata ai margini della società, mentre oggi l’agricoltore biologico è considerato una sorte di eroe”. “I consumatori ci hanno accompagnato nel percorso di crescita della Cooperativa – ha proseguito il presidente Girolomoni -, i consumatori erano pionieri al nostro fianco, ma probabilmente l’arrivo della certificazione ha smorzato l’attenzione. Bisogna recuperare l’orgoglio di essere consumatore”.

“ In Italia siamo più bravi a produrre ed esportare che promuovere i consumi” – ha osservato la co-fondatrice di Bio Bank Rosa Maria Bertino, sottolineando come il Bel Paese svetti in Europa per superfici bio e quota di export dei prodotti bio. Bertino ha anche sottolineato come a far risaltare il ruolo distintivo dell’Italia nel panorama biologico europeo sia giunto il premio degli Ue Organic Awards assegnato alla Cooperativa Girolomoni dalla Commissione europea, in quanto “migliore pmi nella trasformazione di alimenti biologici”. Per Bertino la direzione di marcia su cui deve andare l’agricoltura biologica nazionale sono i distretti bio e la filiera 100% Italia, “ma soprattutto è importante mantenere agganciati produzione e consumo”.

Per il ricercatore dell’Università Roma Tre, Francesco Salustri, “l’accessibilità di informazione è il primo strumento che aiuterebbe ad aumentare la propensione alle scelte responsabili di acquisto”. In questa ottica, per Salustri i consumi bio potrebbero ricevere una spinta positiva da un “portafoglio elettronico” dei prodotti che renda immediatamente accessibili con la tecnologia tutte le informazioni di interesse per il consumatore.

Per Alessandro Cascini, dell’azienda agricola Semi di zucca di Fano, ex ingegnere votato da 11 anni all’agricoltura, “il consumo consapevole nel biologico ha un ruolo molto importante, il biologico è un punto di partenza, è fondamentale la relazione con il consumatore e la scelta di vita che comunichiamo”.

Il talk show su “Come il bio diventa attraente” si è concluso con le proposte della Brand Strategist Angela De Marco per superare il gap tra intenzioni di acquisto e consumi reali del biologico, visto che, stando a dati recenti, il 12% degli italiani dichiara di sentirsi rappresentato da uno stile alimentare biologico ma poi la quota dei consumi bio non arriva al 4%. “Generalmente percepiti come cari, al di là del prezzo effettivo – ha osservato De Marco -, i prodotti bio sono difficilmente distinguibili visivamente e i loro benefici immediati per le persone non sono così chiari né comunicati. Per esempio, sappiamo comunicare se i prodotti bio sono più buoni, più sicuri, più sani, ‘più piccoli e belli’? Evidenziare le caratteristiche apprezzate dalle persone, al di là della certificazione, aiuta ad avvicinarle ai prodotti bio”. Per De Marco, inoltre, “il biologico è caratterizzato da una informazione complessa, che richiede una vera educazione”. Di conseguenza, “Luoghi idonei all’educazione al bio possono essere, ad esempio, i luoghi ‘cardine’ della salute e dell’apprendimento, come scuole ed ospedali”.

Cristina Latessa

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