Il sottosegretario D’Eramo: Lo stop dei PAP va verso la semplificazione e la riduzione del carico burocratico

Luigi D'Eramo

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Il tema dei Programmi Annuali di Produzione-PAP tiene banco ormai da settimane nel mondo del biologico, considerato che il MASAF ha prima stabilito l’ennesima proroga per la loro presentazione al fine di allineare i tempi con altre scadenze documentali per poi annunciarne l’abrogazione a partire già dal prossimo anno. In questa intervista al sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura con delega al biologico, Luigi D’Eramo, cerchiamo di fare chiarezza.

Cosa fare allora per favorire le aziende in una gestione più lineare ed efficace dei PAP?

La presentazione dei Piani Annuali di Produzione è un obbligo che dal primo gennaio 2025 cesserà di esistere. È quanto emerge dalla normativa UE, dal dlgs 148/2023 e i suoi decreti attuativi ed è stato chiarito anche da una recente circolare del MASAAF del 2 ottobre scorso. Le informazioni sono, infatti, già riportate nella dichiarazione iniziale che gli operatori devono presentare al momento della notifica e aggiornare solo quando necessario. Si eviterà così una duplicazione nella trasmissione delle informazioni che sono, in molti casi, copia di quanto l’operatore era già obbligato a dichiarare nei piani colturali della PAC. Lo stop della comunicazione dei PAP è un passo importante verso la semplificazione e la riduzione del carico burocratico per le imprese, che diminuisce anche i rischi di errori ed eventuali difformità nelle comunicazioni con la pubblica amministrazione.

Il settore biologico lamenta in genere di patire troppa burocrazia e controlli eccessivi. Cosa fare per alleggerire questi pesi sul settore?

È una problematica di cui siamo consapevoli. Va ricordato che la certificazione rappresenta una garanzia di qualità imprescindibile per i consumatori che sono sempre più attenti ed esigenti. È essenziale lavorare sull’efficacia, ma anche sull’efficienza dei controlli, riducendo al minimo i costi, sia in termini di tempo che di spesa. L’impegno del MASAAF va in questa direzione. Stiamo lavorando affinché AGEA possa consentire agli organismi di controllo del biologico l’accesso a tutte le funzionalità e alle informazioni del fascicolo aziendale. Obiettivo già raggiunto con la banca dati sugli animali gestita dal Ministero della Salute. Con la cessazione dell’obbligo del PAP annuale, intendiamo proseguire in questa direzione, supportati anche dalla Commissione europea, che sta implementando sempre più il sistema Traces.

Iniziative in atto per favorire lo sviluppo del settore? Quando il traguardo del marchio Bio?

In questi mesi sono stati diversi i provvedimenti mirati a incentivare la produzione e la conversione al sistema biologico, a incrementare la quota di prodotti bio nel mercato e a rafforzare la fiducia dei consumatori, in attuazione della legge n. 23/2022. Abbiamo previsto finanziamenti e incentivi per incrementare la competitività delle aziende che scelgono di adottare pratiche biologiche. Solo per ricordare alcuni degli interventi è stato dato avvio al Piano di Azione nazionale per la produzione biologica (PanBio), abbiamo stanziato 10 milioni di euro per la promozione dei distretti biologici e 12 milioni di euro per i progetti delle filiere biologiche. Sono stati potenziati i controlli, è stato confermato il fondo sulle mense scolastiche bio, è stato adottato il Piano nazionale delle sementi bio, con l’obiettivo di aumentarne quantità equalità, evitando il ricorso a deroghe a sementi convenzionali. Altre risorse sono state destinate alla ricerca. In tale contesto, è per noi prioritario riuscire ad avere quanto prima il marchio Biologico italiano, un marchio che promuoverà la qualità e l’autenticità dei prodotti bio nazionali, rafforzandone la riconoscibilità sul mercato interno e su quello estero, consentendo di rafforzare la leadership internazionale dell’Italia, valorizzando le nostre produzioni agricole bio, e proteggendole al tempo stesso dall’aumento delle importazioni. Entro i tempi prospettati al settore è stato indetto il concorso di idee per la sua creazione. Auspichiamo ora che ci sia la più ampia partecipazione e di poter avere il marchio vincitore già entro la fine dell’anno. Abbiamo posto quindi le condizioni per cui il traguardo è vicino.

Che ne pensa della bocciatura delle Corte dei Conti UE riguardo la strategia di sostegno al bio attuata dall’Unione europea?

Si tratta di un giudizio complessivo, ma emergono situazioni molto differenti da Paese a Paese. Se in alcune nazioni, nonostante i fondi a sostegno del settore, le superfici coltivate a bio non arrivano oggi al 5% e quindi si è ben lontani dall’obiettivo del 25% entro il 2030, la realtà italiana è ben diversa. Ricordiamo che anche nel 2023 c’è stata un’ulteriore crescita della superficie agricola utilizzata che è arrivata a coprire circa 2,5 milioni di ettari, pari a quasi il 20% del totale, ovvero oggi in Italia un quinto dei terreni è bio. Sei Regioni hanno già superato il target del 25% e si sta registrando una crescita sempre più sostenuta anche nelle Regioni del Centro e del Nord. Dunque, l’Italia crede in modo convinto nel biologico, che per le sue caratteristiche unisce sostenibilità ambientale, tutela della salute, legame con i territori. Certo, l’aumento delle superfici deve essere accompagnato dall’aumento dei consumi. Premesso questo, è importante analizzare con attenzione le osservazioni formulate dalla Corte dei Conti Ue e insieme alla Commissione attuare le raccomandazioni necessarie per rafforzare le politiche di sostegno al bio e garantire che i fondi siano utilizzati in modo efficace e trasparente. Si potrà così consolidare la fiducia dei consumatori e dare impulso a un settore strategico per garantire un futuro sostenibile all’agricoltura europea.

Cristina Latessa

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