Soluzioni pratiche e innovative per affrontare al meglio le grandi sfide future dell’agricoltura globale grazie a tecniche di produzione biologiche, al rispetto del benessere degli animali e alla biodiversità. È questa l’idea alla base del ‘White Paper about the Future of Farming’, pubblicato dall’ente di certificazione britannico OF&G (Organic Farmers and Growers), nel tentativo di colmare alcune lacune dei nuovi sistemi produttivi, come ad esempio quello dell’Intensificazione Sostenibile (Sustainable Intensification – SI).
Secondo gli autori del documento, infatti, un sistema basato sulla costante ricerca di maggior disponibilità di risorse attraverso un migliore utilizzo della terra, dell’acqua e della biodiversità, non si distacca così tanto da un modello di agricoltura ‘vecchio tipo’, volto a generare valore sfruttando risorse naturali piuttosto che proteggerle per le generazioni future. ‘Limitarsi semplicemente a produrre più quantità di cibo, infatti, non risolverà i bisogni di lungo termine dell’umanità. Ciò di cui si avrebbe bisogno – si legge nel documento – è di un cambiamento radicale in termini di politiche agricole e alimentari, che vadano a sostegno di abitudini più salutari e, al contempo, in grado di proteggere le risorse naturali e contrastare il cambiamento climatico’. In tal senso il biologico può fare la differenza. Mentre altri sistemi agricoli cercano solamente di soddisfare il crescente fabbisogno alimentare a livello mondiale, i principi e le pratiche delle tecniche produttive bio affrontano contemporaneamente molteplici sfide etiche, sociali e ambientali.
Fino qui nulla di nuovo e per lo più tutto condivisibile. Il vero problema sorge quando – come avvenuto qualche settimana fa (vedi news) – un colosso del retail online come Amazon acquisisce una ‘perla’ del bio come Whole Food, che seppur leader di mercato – in un mercato in sensibile e costante crescita – registra numeri ben più piccoli del primo. La questione dunque diventa questa: riuscirà il mondo della produzione bio a far fronte all’impennata della domanda che si avrà nel momento in cui i prodotti Whole Food saranno disponibili a chiunque possieda una connessione internet e una carta di credito in suolo americano? (praticamente tutta la popolazione USA, ndr). Secondo le stime dell’Organic Trade Association, ad oggi la quota di mercato del biologico negli Stati Uniti è pari al 5%, per un fatturato totale di 47 miliardi di dollari. Ancor prima dell’acquisizione le previsioni parlavano di un raddoppio della percentuale nel giro di pochi anni; ora che Amazon – con una base di consumatori ben più ampia di Whole Food – è entrata ufficialmente in partita, le precedenti stime di crescita potrebbero essere fin troppo prudenti. Ma se la domanda di frutta e verdura biologica cresce sempre più, il numero di ettari coltivati rimane costante. Al momento il periodo transitorio di tre anni per la conversione degli impianti da convenzionali a biologici, i rigidi standard a cui si deve sottostare e gli elevati costi di produzione sono una forte barriera all’entrata nel business. Tuttavia, secondo Maggie Monast, esperta di sourcing sostenibile all’Environmental Defense Fund, se Amazon riuscisse ad offrire la possibilità di acquistare cibo bio ad un prezzo conveniente ad un numero elevato di consumatori, incrementando esponenzialmente il giro d’affari del settore, sarebbe un fortissimo incentivo per molti produttori ad intraprendere il processo di conversione.
La domanda quindi è e resta una: potrà Jeff Bezos, fondatore di Amazon, riuscire nell’impresa di favorire la crescita delle produzioni bio negli Stati Uniti, già molto dipendenti dalle importazioni in questo comparto? Lo scopriremo presto.