Si chiama OT4D ed è un programma di finanziamento per agevolare collaborazioni tra pubblico e privato nella produzione di beni pubblici biologici sviluppando un volano economico virtuoso, attualmente in atto nei Paesi dell’est Europa dove crea posti di lavoro, una filiera dell’indotto e, in genere, benefici sociali, ambientali ed economici per i territori coinvolti.
L’acronimo di OT4D sta per Organic Trade for Development (lett.: commercio bio per lo sviluppo delle aree rurali) ed è frutto di un consorzio tra tre grandi organizzazioni focalizzate sul bio: IFOAM – Organics International; Helvetas Swiss Intercooperation e FiBL.
Sono in tutto tre i Paesi che hanno già avviato i progetti sotto l’ombrello di OT4D, tra questi l’Ucraina che, nonostante la guerra ne ha avviato uno sulla produzione di berries bio. Gli altri sono quattro in Serbia e quattro in Albania
“L’idea – ha spiegato Andrea Bischof, Senior Advisor sustainable Agriculture and Trade, Helvetas Swiss Intercooperation – è quella di individuare delle opportunità per il bio e per investimenti nelle aree rurali di questi Paesi. Si basa su un meccanismo speciale di cofinanziamento in cui al privato è chiesto di investire una quota minima del 50% del progetto. Con questa tipologia di Public-Private Partnership (PPP), puntiamo a fare incontrare buyer e produttori”.
Il progetto in Ucraina, così come gli altri, è partito, nonostante l’invasione russa in corso, a fine 2022 e terminerà il 31 dicembre del 2023. Ha un valore di oltre 384mila franchi svizzeri e vede, tra le aziende private coinvolte la Organic Life GmbH, RSN Trade LLC; due ONG (Ecoterra e OUW) e tre centri di ricerca (Pryvline Lyceum, National University of Water and Environmental Engineering e il Myrohoshcha Agricoltural College) in alcune comunità territoriali del Paese.
“L’obiettivo – ha specificato Yuriy Mykhailiuk, direttore commerciale di Organic Life GmbH – è quello avviare una produzione di frutti di bosco biologici in questi territori. Si parte con la comunità di Rivnenska”. Gli obiettivi ben specifici tra cui quello di creare un cambiamento di sistema in agricoltura; creare un legame duraturo nell’imprenditoria biologica tra la comunità e i partner commerciali nel settore delle berries; spingere sulla formazione e gli istituti scolastici e formativi del territorio per creare awarness sul prodotto; spingere sul canale surgelato dei piccoli frutti di modo da generare valore aggiunto e creare una scuola, o comunque dei percorsi formativi per i giovani sia come potenziali futuri consumatori che futuri produttori, imprenditori della filiera.
“Serve un approccio complementare per affrontare la questione dell’internazionalizzazione e, viceversa dell’esternazionalizzazione dei costi – ha detto Jürn Sanders, presidente di FiBL Europe, della Gestione del Dipartimento di scienze dei sistemi agroalimentari -. Con questo progetto promuoviamo delle filiere di beni pubblici bio che creano partnership tra attori pubblici e privati. Cos’è un bene pubblico? Se non puoi escludere qualcuno dal suo consumo, si tratta di un bene pubblico”.
In Unione europea, i Paesi membri hanno adottato regole precise per tutelare questi beni pubblici quali, ad esempio, la biodiversità o, ancora l’acqua. Ogni nazione ha le sue regole ma c’è un collegamento con la produzione di biologico perché chi la fa ha anche un ampio paniere di beni pubblici.
I cinque progetti nei tre Paesi valgono complessivamente circa 850mila franchi svizzeri e, soprattutto quello ucraino è corroborato dal fatto che, secondo il Rapporto 2022 sull’Agricoltura biologica ucraina elaborato apposta per Biofach, l’agricoltura organica ha dimostrato, nonostante da drammatica guerra in corso, una maggiore resilienza rispetto a quella convenzionale, ma una maggiore vulnerabilità rispetto alle colture intensive.
Gli operatori biologici ucraini, nel 2022, sono riusciti ad aumentare le esportazioni verso i Paesi dell’UE e la Svizzera del 13% grazie a canali di vendita differenziati, mentre le esportazioni di prodotti convenzionali sono diminuite di oltre il 30%, soprattutto a causa dei blocchi portuali.
Gli ultimi dati raccolti nel Rapporto, dimostrano la determinazione degli operatori biologici a proseguire le loro attività, in particolare: oltre l’85% degli operatori biologici continua a lavorare nonostante una parte di loro abbia interrotto il lavoro nei primi mesi, ma sia stata in grado di riprendere le attività. Oltre il 95% degli operatori biologici prevede di continuare le proprie attività specificamente nel settore biologico.
I prodotti bio, inoltre, sono stati acquistati dagli stessi produttori certificati per un’ulteriore distribuzione tra gli sfollati. In questo caso il supporto finanziario è stato di 24.500 dollari per quasi 11 tonnellate di prodotti bio destinati a circa 900 sfollati su un totale di 4,7 milioni.