Le tecniche dell’agricoltura biologica provocano un aumento nell’uso di pesticidi nei campi vicini, quando questi sono coltivati con tecniche tradizionali: la causa potrebbe essere rintracciata nel fatto che le colture bio, limitando l’utilizzo di composti volti ad eliminare gli insetti, ospitano spesso una maggiore quantità di specie nocive e non, che quindi si diffondono ai terreni che sono nelle immediate vicinanze.
Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Science e guidato dall’Università della California a Santa Barbara, che fornisce nuove informazioni sugli impatti ambientali, spesso trascurati, dell’agricoltura biologica.
Secondo il gruppo di ricerca guidato da Ashley Larsen, una possibile soluzione per ridurre l’uso di pesticidi su larga scala potrebbe essere raggruppare i campi bio.
I ricercatori hanno studiato circa 14.000 campi agricoli nella contea di Kern, in California, raccogliendo dati su quasi 100.000 applicazioni di pesticidi da parte degli agricoltori. In questo modo, gli autori dello studio hanno scoperto che i campi bio possono aiutare a ridurre l’uso di pesticidi se confinano con altri campi che seguono gli stessi metodi, mentre ne fanno aumentare l’utilizzo se i terreni nelle vicinanze sono coltivati in maniera convenzionale. In particolare, il livello di pesticidi sparsi sui campi diminuisce man mano che ci si allontana dalle colture biologiche.
Esaminando anche la distribuzione geografica dei terreni bio e non, i ricercatori hanno evidenziato che parassiti e pesticidi potrebbero essere meglio gestiti se i campi coltivati tramite l’agricoltura biologica fossero separati e raggruppati rispetto agli altri. Infatti, quando le colture bio si trovano sparse nella zona, provocano un aumento nell’uso complessivo di pesticidi, mentre quando sono vicine tra loro, la quantità complessiva di sostanze dannose cala sia per i campi biologici che per quelli tradizionali.
Fonte: ANSA