A meno di dieci giorni dal primo anniversario dell’incidente nucleare di Fukushima, Greenpeace ha lanciato la mappa interattiva ‘Quanto sei a rischio?’ che mostra quante persone vivono nelle vicinanze di uno dei 437 reattori nucleari operativi nel mondo. Centinaia di milioni di abitanti si trovano in un’area che, in caso di incidente nucleare, potrebbe venire altamente contaminata ed essere quindi evacuata.
La mappa è raggiungibile all’indirizzo http://risksofnuclear.greenpeace.org e si basa sui dati messi a disposizione da Nature Magazine. La mappa si connette direttamente con il profilo Facebook e Twitter dell’utente per indicargli chi tra i propri amici e familiari vive nelle vicinanze di una centrale.
«Fukushima ci ha insegnato che un incidente nucleare potrebbe ripetersi in ciascuno dei reattori esistenti e ci sono milioni di persone in pericolo – spiega Salvatore Barbera, responsabile della campagna Nucleare di Greenpeace – Abbiamo lanciato questa mappa interattiva per permettere alla persone di scoprire quanto siano vicine a una di queste bombe ad orologeria.»
Pochi giorni fa Greenpeace ha pubblicato il rapporto ‘Fukushima, un anno dopo’ con il quale l’organizzazione denuncia che non è stato semplicemente un disastro naturale a causare il tragico incidente alla centrale di Fukushima Daiichi, ma piuttosto il fallimento del governo, delle agenzie di controllo e dell’industria nucleare giapponese di garantire la sicurezza dei cittadini.
A Fukushima più di 150 mila persone sono state evacuate, e ancora non hanno ricevuto i risarcimenti necessari per ricostruirsi una vita. Altre centinaia di migliaia di persone vivono ancora in zone altamente contaminate.
‘Dal momento che il prossimo incidente nucleare potrebbe avvenire in qualsiasi centrale, il governo di quel Paese sarà l’unico colpevole per aver ignorato i rischi del nucleare. L’unico modo per evitare un altro incidente come quello di Fukushima è chiudere gradualmente tutte le centrali nucleari e sostituire l’energia dell’atomo con l’efficienza energetica e la produzione da fonti rinnovabili’, conclude Barbera.