Non possiamo purtroppo aspettare oltre. Donald Trump avrebbe deciso il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul clima ma lo annuncerà solo alle 21 ora italiana di oggi, giovedì 1 giugno. Riprenderemo quindi il tema, come si suol dire ‘a bocce ferme’, la settimana prossima.
Impermeabile al G7 di Taormina e alle raccomandazioni di Papa Francesco, secondo indiscrezioni di diversi media americani, il presidente degli Stati Uniti è determinato a mantenere la sua promessa elettorale e, nonostante il pressing internazionale e le divisioni interne anche alla Casa Bianca, pare deciso ad ascoltare quelle voci che, alla minaccia del surriscaldamento globale, fanno prevalere le preoccupazioni dell’impatto sull’economia americana.
Trump avrebbe rivelato ad alcuni suoi confidenti, incluso il numero uno dell’Agenzia per la Protezione Ambientale, il negazionista del cambiamento climatico Scott Pruitt, la sua intenzione di sfilare gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi.
Aspettando l’annuncio ufficiale, l’Ong ambientalista Green Cross si è fatta sentire: ‘Trump mostra disprezzo verso gli accordi internazionali. È necessaria una mobilitazione globale per evitare che gli Stati Uniti e altri Paesi indeboliscano gli impegni presi per limitare gli effetti del cambiamento climatico’.
La posizione scientifica più comune sull’argomento è la seguente: il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile. Secondo le stime della NASA il livello globale dei mari è salito in media di sei centimetri negli ultimi 23 anni, e potrebbe aumentare di ben 90 cm da qui alla fine del secolo. Una prospettiva drammatica per alcuni stati insulari e diverse città sull’acqua. Gli studiosi della Cornell e della Columbia University affermano che tra meno di 200 anni la stessa New York potrebbe essere sommersa dalle acque se il clima continuerà a cambiare innalzando le temperature.
‘Gli effetti dell’immissione della CO2 nell’atmosfera – dichiara Valerio Rossi Albertini, fisico-chimico del CNR e membro del comitato scientifico di Green Cross – non sono più oggetto di dibattito. Per quanto il presidente Trump si ostini a smentirlo, i dati scientifici sono inoppugnabili. L’innalzamento della temperatura del pianeta è un processo accertato, le cui conseguenze hanno appena cominciato a manifestarsi. La riduzione urgente della concentrazione di CO2 è quindi un imperativo categorico, perché già ora siamo prossimi alla soglia di non ritorno. Disconoscere il lavoro degli scienziati dei comitati dell’ONU, che hanno documentato il fenomeno, significa riportare indietro di vent’anni la discussione sugli accordi così faticosamente raggiunti. E purtroppo, la situazione attuale è molto più critica di venti anni fa’.