Un rapporto pubblicato il 14 marzo a Roma dalla FAO denuncia che sono in aumento i fenomeni di contaminazione da OGM nei prodotti alimentari e mangimi commercializzati nel mondo. L’organizzazione delle Nazioni Unite ha registrato 198 segnalazioni da 75 Paesi (Italia compresa) di tracce di prodotti transgenici, ancorché in basse quantità, in alimenti o mangimi che non avrebbero dovuto contenerne.
L’inchiesta è cominciata nel 2002, ma la maggioranza di incidenti (138) è avvenuta fra il 2009 e il 2012. La maggior parte dei prodotti contaminati erano di provenienza americana, canadese o cinese. Semi di lino, riso, mais e papaya, mangimi per animali domestici e soia sono risultati i prodotti alimentari più interessati. Il ritrovamento delle tracce transgeniche nei prodotti non-OGM ha portato al blocco delle importazioni in 26 Paesi.
Renata Clarke della FAO ha dichiarato: ‘Più test si fanno, più controlli si effettuano, e più casi si trovano’. La contaminazione è potenzialmente in agguato ad ogni fase della catena di produzione alimentare: durante la coltivazione, nei campi, nella trasformazione, nell’imballaggio o lo stoccaggio dei prodotti e durante il trasporto.
Molti OGM sono autorizzati nei Paesi di provenienza ma non in quelli in cui arrivano le derrate alimentari; e anche il concetto di ‘bassi livelli’ di contaminazione varia da Paese a Paese, con soglie diverse che definiscono i livelli minimi accettabili. Nell’UE questa soglia è lo 0,9%, ma solo per gli OGM autorizzati al livello comunitario. Al di là di questo valore, scatta l’etichettatura obbligatoria (‘contiene OGM’). Per i prodotti transgenici non autorizzati a livello UE, invece, non c’è un limite minimo, ovvero la soglia di tolleranza coincide con il livello di individuazione tecnica.
Secondo l’inchiesta, 30 Paesi coltivano OGM, per finalità di ricerca o per la produzione commerciale; 17 Paesi non hanno sistemi di sicurezza alimentare o altre regole riguardo agli OGM; 55 Paesi hanno una politica di tolleranza zero nei riguardi degli OGM non autorizzati.